Pubblicato il: 4 Giugno, 2010

Atenei contro Gelmini

La protesta contro il DDL di riforma del ministro Mariastella Gelmini si sta diffondendo a macchia d’olio. Da Nord a Sud sono tanti gli atenei ad avere aderito alla settimana di sensibilizzazione (dal 17 al 22 Maggio) contro il disegno di legge della “ministra”: Messina, Palermo, Napoli, Verona , Modena, Milano, Urbino, Firenze, Roma. Naturalmente i risultati delle elezioni per il rinnovo del CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) sembra dar ragione alla ministra circa l’appoggio degli studenti al suo operato. A tal proposito abbiamo parlato con Filippo Seminara, studente di Studi Orientali all’Università La Sapienza.

1) Qual è la situazione alla Sapienza?

Il 19 Maggio l’università La Sapienza è scesa in piazza a sostegno dei ricercatori contro i tagli del DDL proposto dalla Gelmini. Anche se la cosa riguarda soprattutto i ricercatori ed i loro “tagli”, le facoltà e gli studenti protestano al loro fianco, anche in previsione di un futuro comune da tutelare. La manifestazione ha coinvolto particolarmente la facoltà di Scienze per la Comunicazione che ha organizzato il sit in davanti Palazzo Madama.

2) Quali sono i punti principali del DDL Gelmini che vengono contestati? Quali sono i maggiori danni che subirebbe l’attività didattica in seguito ai tagli previsti?

L’assenza di una formalizzazione della figura del ricercatore a tempo indeterminato e l’attuale precarizzazione della posizione stessa (a discapito della ricerca stessa), il rifinanziamento dell’università e una riforma che non restringa la democrazia e la rappresentanza negli atenei.

3) Quali sono, oggi, le difficoltà e le ombre che presenta una Università famosa come La Sapienza?

Come tutte le Università italiane, tralasciando il sovraffollamento di aule e corsi, mancanze di strutture non solo fisiche ma anche didattiche, La Sapienza, dovendosi adeguare alla “semplificazione” del 3+2 e allo sfoltimento di personale, subisce danni sia a discapito degli studenti, che saranno i professionisti di domani, sia all’immagine stessa di un prestigioso ateneo.

Per non andare lontano la facoltà che frequento (Studi Orientali), assieme alla Cà Foscari di Venezia e all’Orientale di Napoli, sono le uniche facoltà di studi orientalistici in Italia, fiore all’occhiello dell’Università italiana. Ebbene la Facoltà di Studi Orientali La Sapienza diventerà a breve un dipartimento di Lingue. Ciò comporterà tagli di corsi anche se verranno mantenuti certamente i più importanti come il cinese, giapponese ed arabo, ma la serietà degli insegnamenti subirà dei danni. Pur essendo ancora una facoltà indipendente, la didattica non è molto ponderata: programmi ripetuti 3 o addirittura 4 volte durante la carriera universitaria (solo per accumulare benedetti CFU), materie che non calzano molto con i curricula (sempre per lo stesso motivo). Pensa quello che succederebbe facendola diventare un dipartimento: iniziale sballottamento e confusione per concludere un corso di studi poco approfonditi e superficiali.

Giuseppina Cuccia

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