La Bellezza è un mito della vita sociale
Sulla Bellezza è stato detto di tutto, nel corso dei secoli e in ogni epoca. Persino nelle varie fasi della vita biologica di ciascun uomo si ha un’idea diversa di essa. Artisti, stilisti, esteti, seguono dei canoni che cambiano continuamente.
Così nel tempo si sono susseguiti vari modelli di bellezza e la società è passata dalle veneri primitive alle madonne medievali, le cui connotazioni ci sono ben note. Siamo arrivati negli anni ’60 ad un’appariscienza basata su forme sinuose e corpi giunonici, soppiantati subito dopo dalla sfacciata magrezza degli anni ’70. Ma parlando di bellezza cadrebbe in errore chiunque pensasse che questa riguardi solo il sesso femminile. Da sempre l’idea di bellezza ha accompagnato entrambi i sessi, già nell’antica Grecia celebri scultori crearono il modello di un corpo atletico maschile per definire le proporzioni perfette. Da ieri ad oggi cos’è cambiato? Quali sono i limiti che sono stati oltrepassati?
Nel 1991 Naomi Wolf pubblicò Il mito della bellezza, un libro che divenne un best seller internazionale. Nel libro intitolato Wolf parlava della ‘mercificazione della bellezza’ e considerava quest’ultima una grande menzogna costruita per mere necessità economiche. Ma oggi la Bellezza è un dono o una conquista? Quanto saremmo disposti a sacrificare per assicurarci l’eterna giovinezza, come se il connubio bellezza-giovinezza fosse inscindibile. I destinatari più fragili dei bombardamenti mediatici che ogni giorno, in ogni istante, mietono vittime in ogni parte del mondo, sono i giovanissimi. L’idea commerciale di bellezza non ha più nulla a che fare con quella nobile di armonia tra corpo e mente che la cultura greca ha diffuso. Oggi si coltiva l’apparenza, l’esteriorità, a discapito dell’arricchimento dell’immenso serbatoio spirituale e intellettuale che in potenza possiede ogni individuo. È sempre più facile diffondere messaggi legati all’importanza dell’aspetto, della fisicità, come se la cultura, il pensiero, fossero superflui, quindi inutili. Da quale momento in poi la società umana ha deciso di rendere la bellezza pretesto per delle competizioni? Cosa hanno mai offerto (e continuano ad offrire) i concorsi? Quale utilità sociale sta dietro tali competizioni? Eppure ci sono categorie professionali e persino genitori che credono nella solennità di tali cerimonie, come se la piacevolezza di uno su un altro fosse l’unico parametro per dare il diritto di far sentire superiore o inferiore qualcuno nei confronti di un altro. L’anoressia, la bulimia, i disagi più gravi dei giovani derivano da questo eccessivo valore che è stato dato a qualcosa che di fatto non potrà mai essere canonizzato. La bellezza è un mito, non esiste in quanto unico modello: ogni persona ha un proprio aspetto e un corpo ed un cervello curati sono inscindibili. La soubrette che pur con la laurea fa la stupida per copione o il belloccio palestrato che non sa spiccicare una parola, non offrono niente alla nostra società. Dovremmo ritornare ad un’idea di bellezza autentica, che rispetti l’individualità, le differenze, l’unicità di ogni persona, per poter riuscire a dire che la bellezza è negli occhi di chi la sa vedere e in ogni cosa.
Sabina Corsaro