Borgese vive: Un saggio di Dario Consoli
Con “Peccato della Ragione”, l’insegnante e italianista Dario Consoli prova a sbrogliare più matasse: l’eredità perduta di Giuseppe Antonio Borgese, i motivi della controversia con Croce e “Le origini intellettuali del fascismo”. E’ questo il titolo del saggio, apparso nel 1934 sulla rivista “Social Research”, che Consoli ha tradotto per la prima volta in italiano con “Prova d’Autore”. Il 27 maggio ne ha discusso alla “Fondazione Verga” di Catania con il ricercatore della Facoltà di Lettere Andrea Manganaro e con Nicolò Mineo, presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto. «Che fine ha fatto la riflessione critica di Borgese negli sviluppi della cultura italiana?», si chiede Consoli. Per Mineo la questione è più che seria, poiché «i giudizi sull’opera e sulla figura dello studioso e scrittore palermitano sono ancora oggi influenzati da una critica dagli indirizzi liquidatori». E Manganaro ripercorre ogni passo de “Le origini intellettuali del fascismo”, per dar voce e sostanza alla risposta. Il saggio fu pubblicato in esilio negli USA, tre anni innanzi al più noto “Goliath”. La disamina delle ragioni del fascismo è spietata: «La genealogia intellettuale del fascismo è di antica data», da far risalire addirittura al Rinascimento. «Il fascismo nasce in Italia e non altrove», non come frutto di una vittoria mutilata, ma come espressione d’una malattia della cultura italiana che ha inizio nel Cinquecento. Dall’interpretazione rinascimentale dell’opera dantesca, che si rispecchia nel “primato della forza sulla ragione” di Machiavelli e degli storici fiorentini, sino al Romanticismo settecentesco che si afferma nel segno della disgregazione della cultura moderna. E’ così che Borgese porta alle estreme conseguenze l’intuizione di Croce, suo antico maestro. «Ma stavolta in polemica con lui» – rileva Manganaro – «Contro Croce, che fu il mediatore nella cultura italiana dell’opera di Georges Sorel». Contro Croce, che con il suo neoidealismo aveva continuato a interpretare egemonicamente la convinzione circa il primato della forza sulla ragione. L’altro idolo polemico del saggio è Gabriele D’Annunzio. «Ma se D’Annunzio aveva forgiato l’immaginario del fascismo, Croce con la sua retorica spiritualista aveva preparato il campo a quel frutto che Mussolini doveva solo limitarsi a cogliere». E in più continuava, dalla sua posizione dominante e formalmente oppositrice, a ostacolare il sorgere di un’alternativa culturale al Regime. Borgese sfidò dunque Croce e D’Annunzio. E male gliene incolse.
Enrico Sciuto