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Bullismo: popolarità ed indifferenza

“Sei brutto”, “sei grasso”, “sei inutile”, “la scuola sarebbe un posto migliore senza di te”: sono queste alcune delle frasi più comuni rivolte dai bulli delle scuole di tutto il mondo alle loro vittime. Un problema sottovalutato, spesso liquidato come “qualcosa che passerà” e che “rientra tra le tipologie di interazione tra i ragazzi”, ma che in realtà nasconde molto di più. Generalmente si tende a vedere questi fenomeni come episodi isolati e marginali, ma in realtà le ricerche svelano un quadro ben diverso: l’associazione Villa Sant’Ignazio ha condotto un’indagine per conto della provincia di Trento riguardante l’incidenza di questi fenomeni nelle scuole superiori, portando alla luce il fatto che più del 50% dei ragazzi intervistati ha dichiarato di esserne stato vittima, per lo più nella fascia che si aggira attorno ai 14 anni. Di questi, il 33% lo è in modo ricorrente: il 24% aveva subito violenze nei sei giorni precedenti l’intervista, e l’1,7% soffre per questi episodi in maniera quotidiana. L’attacco che il bullo predilige è, nella maggior parte dei casi, un attacco verbale e psicologico, in cui si mira ad emarginare la vittima con prese in giro e calunnie, ma non manca la violenza di tipo fisico. La cosa più agghiacciante, però, è che la maggior parte di coloro che subiscono questi episodi non ne parla, e il 13% di chi lo fa riceve in cambio solo l’indifferenza delle scuole e delle famiglie: la conseguenza di tutto ciò è che, ogni anno, una cifra che oscilla tra i 15 ed i 25 ragazzi tentano il suicidio, poichè convinti che la loro vita non valga niente dopo esserselo sentiti dire un miliardo di volte.

Dal canto suo il bullo generalmente aggredisce quasi sempre in gruppo, e lo fa per puro divertimento: afferma la sua superiorità (data dalla sua popolarità, dalla forza numerica dei suoi sostenitori e dal silenzio di tanti “complici” che si schierano, anche solo per comodità, con il pesce più grosso) su un soggetto generalmente mite, inerte ed inoffensivo. Egli non attacca chi dimostra di farsi scivolare addosso le sue minacce, ma soltanto gli individui deboli ed isolati, con una spiccata emotività, su cui sa di poter ottenere assoluto successo e sottomissione. La motivazione che spinge il bullo ad agire è l’affermazione di sé davanti ai coetanei: si è quindi in presenza di un contesto doppiamente deviante, dove un soggetto viene emarginato ed un altro compie violenze nei suoi confronti per poter essere popolare tra i compagni. Egli deve apparire forte e carismatico, e per questo mostra agli altri il suo potere attaccando e schiacciando l’individuo che appare più debole. Per questo è la società la prima che deve preoccuparsi di contenere il dilagare di questo fenomeno: non possiamo sperare che le vittime trovino pace e giustizia se le istituzioni non smettono di coprire di indifferenza le loro storie ed i compagni non capiscono che, senza il loro appoggio, il bullo è solo un ragazzo debole ed in cerca di approvazione.

Sara Servadei