Pubblicato il: 28 Luglio, 2009

Catania, Passaggi in Immagine

_MG_1940Si sta svolgendo a Catania un importante progetto, “Catania: Passaggi in Immagine”, e abbiamo scambiato due chiacchiere con il professor Alessandro de Filippo, docente di Tecniche del linguaggio cinematografico all’Università di Catania, che se ne sta occupando in prima linea.

In cosa consiste di preciso questa iniziativa di “Catania: Passaggi in Immagine”?

È un’attività finanziata dal Ministero degli Interni con i Fondi F.E.I., per l’integrazione dei cittadini provenienti da Paesi Terzi. La Facoltà di Lettere e Filosofia, insieme alle A.C.L.I., l’Istituto della Divina Provvidenza e l’Assessorato alla Famiglia (con delega all’immigrazione) del Comune di Catania hanno proposto un progetto che prevede la produzione di un audiovisivo e un momento di formazione preliminare, che permetta agli immigrati di trovare la loro “formula espressiva” per raccontarsi, condividendo le proprie storie personali con tutto il gruppo di lavoro. In questo modo, la sceneggiatura non è il risultato della scrittura artistica solitaria di un autore (europeo, che non ha vissuto l’esperienza della migrazione, che non ne conosce i sogni, le aspettative, le paure e le delusioni), è invece il frutto di un confronto tra persone diverse, portatrici di culture ed esperienze differenti. Certo, così è tutto molto più difficile, ma è anche molto più sincero, a nostro avviso.

Gli extracomunitari che partecipano al progetto sono tutti pienamente inseriti nella società? O pensa che il partecipare alla realizzazione di questo progetto possa aiutarli ulteriormente?

Gli stranieri del progetto, da bando, dovevano essere in Italia da meno di 5 anni, di età compresa tra 16 e 30 anni. Questo restringe abbastanza il campo per un possibile e sostanziale inserimento sociale. Alcuni di loro sono però studenti e quindi in qualche modo possono essere considerati dei “privilegiati” dal punto di vista socio-economico. La partecipazione al progetto è sicuramente un bel momento di confronto: 25 stranieri e 10 italiani lavoreranno insieme per produrre un comunicato audiovisivo, per raccontare e raccontarsi. Mi sembra che l’integrazione diventerà una necessità pratica, se vogliamo produrre insieme qualcosa di interessante. Ci sarà anche qualche superficiale conflitto culturale: ma quello è il momento che reputo più stimolante per il progetto stesso. Il cinema funziona così, non è il regista a fare il film, è sempre una troupe, un gruppo.

L’università e il Comune dimostrano sempre questa sensibilità sulla questione extracomunitari?

L’Assessorato alla famiglia ha la delega ai servizi sociali e all’immigrazione, quindi “deve” occuparsi di questi problemi. C’è un ufficio immigrati, coordinato dalla bravissima dott.ssa Paola Scuderi, coadiuvata dalla dott.ssa Angela Saitta e dall’avvocato Fabio Di Naso, che fa un lavoro splendido ormai da un quindicennio. I mediatori culturali che si sono formati e che sono “cresciuti” lì dentro e che oggi ci aiutano nel nostro progetto, Alioune Badara Gueye e Abdoulah Jourairi, sono fondamentali per le comunità di immigrati catanesi. L’università deve riflettere sulla questione immigrazione e prima di tutto deve occuparsene in termini di dialogo culturale, e la Facoltà di Lettere e Filosofia ha già avviato questa riflessione, quando ha dedicato l’inaugurazione dell’anno accademico 08/09 a questo tema.

A che punto è lo sviluppo del cortometraggio?

Siamo a metà del laboratorio, che si concluderà il 31 luglio. Contiamo di avere il prodotto finito per la prima metà di ottobre, per una presentazione ufficiale alla città. Ne stamperemo mille copie, che saranno spedite anche ai parenti dei nostri allievi stranieri, che ancora abitano nei paesi d’origine. Ci rendiamo conto di quanto sia importante dare un seguito a questo progetto. Stiamo edificando un ponte, bisognerà poi continuare a utilizzarlo anche dopo la sua inaugurazione, viverlo giorno per giorno, abitarlo quotidianamente, o tutti questi sforzi saranno stati inutili.

Tomas Mascali

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