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Cattolici e politica: i conti con Sturzo

Nella seconda giornata del “Convegno sturziano”, “L’eredità scomoda del popolarismo in Italia” ha richiamato attorno a un tavolo i segretari nazionali in vita della Democrazia Cristiana e del Partito Popolare Italiano: Arnaldo Forlani, Ciriaco De Mita, Mino Martinazzoli e Gerardo Bianco. A testimoniare le vicende attuali, c’era il presidente dell’UDC Rocco Buttiglione. Chi si aspettava un dibattito rituale sui tempi andati, è rimasto deluso. Roberto Mazzotta, presidente dell’Istituto“Luigi Sturzo” di Roma, ha subito colto nel segno: “Sostenibilità degli assetti dello Stato sociale, governo dei processi multiculturali, crisi dell’economia neoliberale; che fare?”. Il banchiere ed economista milanese ha così lasciato al moderatore, il neodirettore di “Avvenire” Marco Tarquinio, il compito di arginare l’eloquenza dei relatori. De Mita ha analizzato gli anni di De Gasperi e quelli di Moro, fino al suo settennato a capo della DC. E’ un bilancio storico pieno di ‘se’ e di ‘ma’. Poteva la Democrazia Cristiana sforzarsi di praticare l’insegnamento sturziano, senza metterne in soffitta il contenuto? I cattolici hanno discusso dell’eredità politica del sacerdote con una libertà, una profondità e un’onestà intellettuale davvero rare. Sturzo, critico dello statalismo assistenzialista, della partitocrazia e della ‘cultura della spesa pubblica’, avrebbe potuto non guardare con distacco a quella siffatta DC, erede anomala del partito che egli stesso aveva fondato? E, se la DC avesse fatto propri gli insegnamenti liberali del sacerdote, la storia d’Italia e del partito cattolico sarebbe cambiata? Una discussione retrospettiva, certo, ma non nostalgica. I relatori e i partecipanti hanno scrutato il futuro. L’analisi dello stato del paese e della vita pubblica è impietosa. I cattolici vorrebbero archiviare il bipolarismo, additato come una minaccia per la democrazia rappresentativa. Secondo Buttiglione, il popolarismo di Sturzo potrebbe fornire delle indicazioni per la costruzione di un nuovo partito dei cattolici, certamente diverso dalla DC ma capace di recuperarne la centralità. Sarebbe la rivincita dell’insegnamento sturziano, poiché il sacerdote- politico è stato, per il presidente dell’UDC, “un grande sconfitto”. La sua replica all’intervento critico e autocritico di De Mita, è stata insensibile a frasi fatte, tutta tesa a storicizzare: la DC non poteva essere diversa da com’è stata perché Sturzo aveva perso. Fu la Storia a sconfiggerlo, con la cesura fra l’epoca prefascista di fondazione del Partito Popolare e quel secondo dopoguerra segnato dalla crisi del capitalismo liberale e dal trionfo keynesiano. Oggi, il fallimento del capitalismo speculativo, seguito alla fine del socialismo di Stato, rimetterebbe al centro la ricetta economica sturziana: né statalismo, né capitalismo senza regole. “Ripartire dalla persona”, in economia e nella regolazione del multiculturalismo.“Ripartire dalle famiglie”, per un nuovo Stato sociale. Il dibattito continua.

Enrico Sciuto