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Cavalleria rusticana: una Sicilia un po’ diversa

La storia di Cavalleria rusticana, della sua genesi letteraria, (più che della diegesi in sè), è inevitabilmente legata alle continue trasposizioni che, di volta in volta, hanno contribuito alla sua celebrità. Non c’è dubbio che la rivisitazione in chiave operistica attuata da Pietro Mascagni abbia apportato ‘quell’umile semplicità della vita quotidiana e quell’audace slancio’ delle passioni che César Franck attribuiva alla sonata di Vinteuil all’interno  dell’opera di Proust. Ed è su questa fortunata trasposizione musicale che Gianni Salvo, regista del Piccolo teatro di Catania, ha messo in scena,  nei giorni del  20 e 21 novembre, la sua Cavalleria rusticana. La scenografia, scarna ed ezzenziale, è stata arricchita da soggetti umani che si sono sostituiti agli elementi naturalistici di una Sicilia richiamata solo attraverso i colori degli abiti (caldi e suadenti) e il parlato, indicativi di una mediterraneità che non equivale a restrizione, ma ad un’identificazione. Ad aprire la scena la danza e la musica, alternate ad enunciazioni di carattere allegorico: Nicola Alberto Orofino ha rappresentato l’ emblema dell’autore. Un dramma a più voci si è poi svolto,  all’interno del quale  i protagonisti hanno trovato nei movimenti dei danzatori e nelle coinvolgenti voci dei solisti (il tenore Michele Mauro, il baritono Francesco Verna e le soprano Piera Bivona e Manuela Cucuccio) le proiezioni dei loro animi, con la rievocazione accattivante della funzione del coro nella tragedia greca. Le donne rusticane, (Lola, interpretata da Carmen Panarello, e Santuzza, interpretata da una coinvolgente Tiziana Bellassai), rappresentate da Salvo, non sono state imprigionate dentro scure tuniche, ma hanno espresso la loro fervida femminilità; così come Compare Alfio (un bravo Fiorenzo Fiorito) e Compare Turiddu (un credibile Rosario Minardi) pur rispettando il topic dell’onore, non hanno ecceduto in manifestazioni emotive fuorvianti. Evidente, dunque, la proposta di Gianni Salvo di raccontare la Sicilia e la sua Letteratura, mediante un approccio equilibrato, tra linguaggio artistico e consapevolezza dell’abbandono di stereotipi infelici e superati, provocatoriamente, diremmo,  in un momento in cui di “cavallerie rusticane” il nostro Paese  sembra essere gremito.

Sabina Corsaro