Don Ciotti: “Il governo? Zone d’ombra impressionanti”
Passa il tempo e Don Luigi Ciotti non perde la sua verve oratoria. Ascoltarlo riporta perciò indietro negli anni, a quel suo linguaggio sempre così alto e semplice, capace di andare al cuore delle cose, ogni volta con parole diverse. Anche oggi, a chi non crede in Dio, pare di assistere a una testimonianza di fede. Una speciale, con la religione spirituale del Vangelo che interseca la religione civile della Costituzione.
Che significato assume quest’anniversario, ora che le indagini sulle stragi del ’92 e del ’93 sono riaperte?
Se vogliamo fare memoria, a venticinque anni dalle morti di Montana, Cassarà e Antiochia, abbiamo bisogno di quello che chiedono i familiari: giustizia e verità. Il 70% delle vittime di mafia non conosce la verità. Abbiamo dunque bisogno di fare memoria per evitare la retorica della memoria. Evitarne la ritualità significa fare di più sul piano culturale e della confisca dei beni. Creare un coordinamento di forze nella società civile per continuare a essere presenti nelle scuole, sostenendo nel frattempo il lavoro generoso e coraggioso che altri uomini, come Montana, Cassarà e Antiochia, intraprendono ieri come oggi nelle forze dell’ordine e nella magistratura.
E’ in atto nell’opinione pubblica un ripiegamento, un ritorno al privato, rispetto agli anni di più intensa visibilità del movimento antimafia?
Nel paese ci sono un impoverimento materiale e un’impressionante deriva culturale. Di conseguenza, c’è anche un impoverimento delle speranze. Abbiamo dunque bisogno di un grande investimento culturale, perché sono la cultura, l’informazione e il sapere a dare la sveglia alle coscienze. L’informazione e il mondo della cultura vivono un momento di grande fatica, di grande smarrimento. La dimensione educativa- con la responsabilità dell’educare e l’educare alla responsabilità- è l’ambito che deve vederci più presenti e più agguerriti.
Le iniziative legislative del governo, come quella sulle intercettazioni, potranno minacciare la vostra attività sui beni confiscati?
Da una parte, non possiamo non riconoscere un’attenzione delle istituzioni: pensiamo alla creazione dell’Agenzia nazionale destinata ad accompagnare l’attività dei beni confiscati. Dall’altra, c’è da preoccuparsi per zone d’ombra impressionanti: ciò che sta accadendo sulle intercettazioni è inquietante, come il tentativo di sottrarre strumenti fondamentali alla magistratura. E poi, la crescita dell’ingiustizia sociale nel paese e i tagli della Finanziaria, che colpiscono attività fondamentali per il contrasto alla criminalità. Pensiamo alle dodicimila mila donne strappate alla strada e allo sfruttamento, attraverso un servizio telefonico cancellato proprio in questi giorni. Se non s’investe sul lavoro e sull’occupazione giovanile, ogni trionfale dichiarazione circa la lotta alle mafie diventa pura retorica, perché il fenomeno è destinato ad allargarsi.
La vostra esperienza di cooperazione con il Ministero dell’Interno è da considerarsi positiva?
Bisogna collaborare con chiunque, nella chiarezza degli obiettivi. Certamente, non rinunciamo al nostro compito: bisogna avere la forza di rompere dei silenzi, con il coraggio della denuncia e la forza della proposta. Maroni è una persona di grande intelligenza e sensibilità. Su alcuni temi ha fatto anche delle buone cose e bisogna riconoscerlo, ma su altri punti, come la politica sui migranti, non possiamo certo essere d’accordo.
Enrico Sciuto