Pubblicato il: 25 Agosto, 2009

Donna, la sua emancipazione nell’arte

Donna e ArteNegli ultimi decenni la scrittura fatta di donne e che parla di donne è aumentata notevolmente, così come, in genere, grandi cambiamenti si sono verificati in tutte le branche dell’arte (pittura, fotografia, scultura, cinema). Si può parlare di arte femminile o la classificazione può dar luogo a forme di emarginazione? La risposta appare molto complessa. Si dibatte ancora oggi sul fatto se esista o meno una caratteristica o un elemento comune all’interno della produzione artistica creata da donne. Se, difatti, è facile sentir parlare di arte femminista, più dubbi si hanno sull’esistenza di un’arte femminile; ci si chiede se si possa ad esempio riconoscere il ‘tratto’ femminile in rapporto ad un testo narrativo, una scultura o un dipinto. Se prendiamo in considerazione i dipinti di Renoir notiamo che la delicatezza delle linee, la sfumatura dei colori, la finezza delle forme e la leggiadria delle pennellate potrebbero farci più pensare ad una mano di donna che a quella dell’artista in questione; mentre i testi di George Send (se non conoscessimo la vera identità dell’autore) ci farebbero pensare ad una scrittura interamente maschile (in realtà George Send è lo pseudonimo scelto da per firmare le sue opere). Il dibattito resta, forse, inesauribile (purtroppo o per fortuna) e non ci resta, intanto, che addentrarci nell’ampia prospettiva del cammino compiuto dal mondo femminile nelle varie arti, selezionando (per evidenti questioni di spazio) il periodo tra il XIX e il XX secolo.

Nel 1800, nel mondo della letteratura, troviamo in Italia personalità come quella di M.me de Stael, con il suo impegno attivo e artistico nel dibattito tra romanticismo e classicismo, fautrice del filone difensore dello scambio tra culture diverse in ambito letterario, contro la chiusura dei ‘puristi’; quella di Matilde Serao, scrittrice-giornalista, fondatrice del “Corriere di Napoli”, del “Mattino” e del quotidiano “Il Giorno” (gestito interamente da sola). Sono anche gli anni in cui opera la scrittrice sarda Grazia Deledda, autodidatta in pieno. Queste donne riescono a far sentire il loro nome per la volontà di carattere e per la capacità di sapersi introdurre, con abilità e preparazione, nei principali contesti di dibattito o confronto. In Sicilia, invece, la scrittrice Maria Messina (nata nel 1887 e morta nel 1944) trova notevoli difficoltà ad affermarsi e solo negli anni ’80 alcune sue opere vengono ristampate da una casa editrice la cui direttrice è una donna. Le tematiche nei suoi libri oscillano tra la denuncia dei meccanismi sociali di oppressione della donna e la contraddittoria accettazione della divisione dei ruoli.

Anche nel mondo delle arti figurative non mancano esempi di prestigiosa arte femminile: a partire da Artemisia Gentileschi (divenuta la più famosa all’interno della sua famiglia dedita all’arte) fino ad arrivare, in Francia, alla suggestiva figura di Camille Claudel creatrice di incantevoli sculture. Il XX secolo segna la definitiva acquisizione di posizioni elevati per l’arte femminile, anche se qui e là troviamo ancora delle forme (più o meno gravi) di discriminazione: la scrittrice in Tunisia, in Algeria, come in altri paesi arabi, rimane, difatti, oggetto di critiche e di violenze e, nonostante ciò, riesce ad emergere. E’ il caso di Assia Djebar, prima scrittrice algerina che sceglie come tema per le proprie opere i problemi delle donne nei paesi islamici; fu anche la prima donna regista algerina, il cui film La Nouba è premio della Critica internazionale al Festival del Cinema di Venezia del 1979. Cosa dire, inoltre, delle fiere e anticonformiste scrittrici francesi come Simone De Beauvoir e Francoise Sagan, che con i loro rispettivi La bastarda e Buongiorno tristezza hanno coinvolto l’intera generazione degli anni ’60 che cercava l’ombra della libertà in ogni aspetto dell’esistenza.

Tappe ne sono state raggiunte fino ad oggi e di certo, col passare del tempo, verranno alla luce molti altri nomi di donne che nell’arte hanno operato lontano dai riflettori, perché nascoste sotto l’ombra di una società che non ne ha riconosciuto, per sterili pregiudizi, il valore.

Sabina Corsaro

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