Donne: la battaglia contro i pregiudizi è solo agli inizi
“Negli anni 30, poco prima del mio matrimonio, il mio futuro suocero venne a casa nostra. Voleva controllare se la promessa sposa del figlio sapesse fare la pasta fatta in casa: se così non fosse stato, si potevano considerare annullate le nozze. Si sedette da un capo dal tavolo, ed io dovetti preparare il pranzo davanti ai suoi occhi. Solo una volta che ebbi finito di cuocere, potei essere certa che il matrimonio sarebbe avvenuto” è questo uno dei tanti racconti che mi si sono impigliati alle orecchie tra quelli delle memorie dei tanti “nonni” d’Italia. E tra le parole di una vecchia gioventù e di un episodio ricordato quasi con simpatia, si nasconde in realtà la constatazione crudele di quanta strada abbiamo percorso e dobbiamo ancora percorrere noi, donne d’Italia, e quanti ostacoli dovranno ancora abbattere le realtà femminili di paesi meno sviluppati del nostro.
Violenze sessuali, abbandoni, sfruttamenti, discriminazioni, abusi fisici, prostituzioni forzate e spesso anche minorili, mutilazioni genitali, emarginazioni ai limiti della società: questa è la realtà con cui ancora oggi ben una donna su cinque nel mondo si ritrova a fare i conti. Una battaglia che è a malapena cominciata, quella contro lo stereotipo del “sesso debole”: e quel che è peggio è che moltissime donne sono state talmente schiacciate da secoli di ideologia maschilista che non si rendono nemmeno conto delle ingiustizie subite, ma le considerano normali e quotidiane. È il caso del terzo mondo, ad esempio, dove la violenza sulle donne è parte del tessuto culturale, ed tra queste si situano 130 milioni di donne sparse per il mondo che, specialmente nei paesi africani, hanno subito la mutilazione genitale in tenera età e senza alcun tipo di igiene. La situazione non è migliore nei paesi islamici: alle donne è concesso lasciare scoperti solo gli occhi sotto al burka, non possono istruirsi e devono vivere ai margini della società. A questa carrellata, poi, è impossibile non aggiungere la Cina e l’India, dove nascere donne è considerata una disgrazia e molte bimbe vengono per questo ripudiate, abbandonate o lasciate morire. Inoltre, l’Asia si distingue anche perché in paesi come il Nepal se la famiglia si trova in difficoltà economiche è molto comune vendere le figlie, sia adolescenti ma anche bambine, affinché vengano prostituite.
Di fronte a questi dati agghiaccianti, viene spontaneo tirare un sospiro di sollievo e ringraziare chi prima di noi ha lottato per le pari opportunità in Italia. Eppure, essere donne fa ancora la differenza: i posti di vertice nelle aziende e nei partiti, infatti, non sono distribuiti equamente tra i due sessi, ma occupati in gran parte da uomini. Infine, le violenze fisiche e gli stupri risultano distribuiti in tutto il mondo, nessun paese escluso: la guerra è ancora lunga. Perché in fondo, come scriveva Oriana Fallaci: “Donna, avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che chiede d’essere ascoltata.”
Sara Servadei