Pubblicato il: 26 Settembre, 2011

Eroi di un sogno

Figli-delle-stelle-locandina“Ragazzo mio, un giorno sentirai dir dalla gente
che al mondo stanno bene solo quelli che passano la vita a non far niente
no,no,non credere no,
non essere anche tu un acchiappanuvole che sogna di arrivare
non devi credere, no, no, no non invidiare
chi vive lottando invano col mondo di domani”

I protagonisti sono ancora una volta loro: quelli  della Generazione 1000 euro,  quelli che hanno Tutta la vita davanti, che vivono negli anni della crisi, della disoccupazione ai massimi storici, tra frustrazioni, rabbia e speranze disilluse in un mondo sempre più grottesco. Sono gli eroi di un sogno, i protagonisti dell’ultimo lavoro di Lucio Pellegrini Figli delle stelle. Un istruttore Isef che lavora in un fast food (Pierfrancesco Favino), un giovane operaio (Fabio Volo) che assiste alla morte sul lavoro di un collega, uno scarcerato disilluso ad un passo dall’infarto (Paolo Sassanelli), una giovane giornalista (Claudia Pandolfi) sensibile e disponibile a dar voce ai perdenti, ed un terrorista da strapazzo (Giuseppe Battiston). Decidono di rapire un cinico onorevole, e di risarcire con i soldi del riscatto la vedova dell’operaio. Ma le cose non andranno nella direzione prestabilita. Rapito l’uomo sbagliato, un onesto sottosegretario (Giorgio Tirabassi), i cinque ripareranno in un albergo di montagna, sopra Aosta, tra dischi ed atmosfere vintage. La rabbia e il disagio dei cinque protagonisti sono quelli che si respirano nell’Italia contemporanea, governata da politici cinici e volgari, l’Italia del precariato e delle auto-blu, dei privilegi e dei laureati nei call-center, delle pensioni d’oro e delle morti bianche.  Se Paolo Virzì nel suo grottesco Tutta la vita davanti aveva ambientato la sua storia di precariato a Roma, e Massimo Venier sceglieva Milano come location per la sua Generazione 1000 euro, Pellegrini ambienta la storia tra Marghera, le montagne di Aosta per finire in un paesaggio marino.

Pellegrini racconta  il nostro presente, dai contorni poco piacevoli, tratteggiandolo con toni che si allontanano dalla commedia di genere, per approdare ad un piano surreale. E se la canzone di Alan Sorrenti, che dà il titolo al film, è quella che più facilmente si ricorda, perché orecchiabile e perché segna il momento scanzonato e di unione del gruppo, ad un altro successo italiano è affidato il messaggio del film. Le parole di Ragazzo Mio di Luigi Tenco, che il sottosegretario sequestrato scrive al figlio, quasi un inno di speranza.

Laura Timpanaro

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