Pubblicato il: 16 Settembre, 2008

Esoterismo come architettura dei sogni

L’esoterismo è vita: lo dico perché quello che sembra oscuro ai più, in realtà è molto semplice e profondo. Prendiamo ad esempio, il lavoro di due illustri architetti, Piero Portaluppi e Tomaso Buzzi, che immaginavano l’ambiente in cui vivere come luogo dove far parlare il Mito e rinnovare le proprie radici, creando la Casa- Città ideale, a cui dedicare tutta l’esistenza. Chiamarli architetti è riduttivo; erano pensatori, artisti, collezionisti, designer, illustratori, fotografi, inventori, vetrai, urbanisti, restauratori ed alchimisti. A Milano il loro destino si è incrociato nell’opera di Villa Necchi-Campiglio, costruzione in stile razionalista (anni 1932-35) voluta come testimonianza di sfarzo, modernità ed efficienza da una delle famiglie più importanti dell’alta borghesia industriale d’allora. Piero Portaluppi, poco più che quarantenne, dopo le Centrali elettriche, l’Arengario, il Planetario e altre imprese, si trovò ad affrontare con grandi mezzi economici la sfida di lasciare, al centro della città ma nascostamente, la sua impronta di visionario e di curioso. Il secondo, Tomaso Buzzi, verrà chiamato dagli stessi Necchi-Campiglio nel primo dopoguerra a ingentilire le scomodità di una visione così estrema da stupire ancora oggi e lo farà alleggerendo la rivoluzione fredda delle linee e dei volumi con tende, quadri ottocento, stoffe preziose, letti cesellati di grande armonia. Ma allora, perché parliamo di esoterismo? Perché entrambi, in modo diverso, attraversando il fiume della concre-tezza, trasportarono negli spazi e nelle forme l’inconscio, la simbologia, il loro amore per la Visione assoluta e la natura, la sapienza antica dell’uso dei materiali (preziosi e non) e delle tecniche di costruzione, la sensualità e la medianicità. Tutti e due al tempo stesso, leggeri e profondi, concreti e incompresi. Nel Razionalismo del Portaluppi la legge della Ragione significava legge dell’Essenza e del Rinnovamento che puntando all’Altrove e al Lontano, liberava il silenzio, il gioco musicale tra il pieno e il vuoto, la forma a caccia del misterioso e del fantasmagorico; uno stile architettonico che richiedeva l’abitatore- poeta per essere completato e non disperso. La sua familiarità col Mito la troviamo nella doppia greca intrecciata nel corrimano della scala principale (simbolo antico dell’Elemento Acqua e della Vita) nella finestra a stella dell’ingresso, nel numero delle stanze, nel bassorilievo dello Zodiaco, che ha uno spessore minimo, quasi un sussurro materico e che orna parte dei soffitti, nelle geometrie leonardesche a cui affida l’ordine e la perfezione, nello studio antico della luce e dell’esposizione (la ricerca sulla ciclicità), nell’uso di materiali pregiatissimi e tradizionalmente potenti/ magici perché riferiti ai Pianeti e alla storia delle Civiltà, come la pergamena, il marmo di Carrara, la ceramica finissima, la radica, il lapislazzuli, l’acciaio, la pelle di camoscio e molti altri ancora, nel creare all’esterno un orologio solare (calcolare il tempo è contemplare i suoi fini)e nell’alternanza di termosi-foni e di caminetti- mausoleo (il calore della vita e la cenere della morte). Villa, ora museo, post Déco su due piani con piscina riscaldata, campo da tennis, ascensore, montavivande, cassaforte, citofoni interni, chiusure comandate a distanza, che spinge l’il-lustrazione dei Quattro Elementi, il Fuoco, l’Acqua, la Terra e l’Aria al confronto, che sa di richiesta, col Futuro delle macchi-ne e con gli Spazi infiniti. E il successivo riarredamento del Buzzi allineandosi allo sguardo interiore, non fece che coprire come vegetazione spontanea su di un tempio diroccato senza dimen-ticare l’intensità dei segni lasciati o perdere il bisogno di entrare, quale scenografia onirica, nella mente di chi guarda e spesso non sa vedere (ecco poi, perché l’architettura del convento della Scarzuola, palestra di rovine e d’Esoterismo ricco di citazioni,  mostrerà in Umbria la sua vera carta d’Identità). “Forma. Forme. Tutto sta nella forma- chi non lo ha capito non capisce niente della sublime partita dell’Arte” (Paul Valéry 1938)

Villa Necchi-Campiglio, aperta dal FAI e visitabile, a Milano in via Mozart 14. All’interno della villa la splendida collezione Ferrari con 44 capolavori del Novecento (Marussig, Morandi, Sironi, De Chirico, Martini, etc.) e la stanza- collezione De’ Micheli (Longhi, Canaletto, Tiepolo, Rosalba Carriera, etc.).

Luca Sartini

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