Eva contro Eva
“Se la sua funzione di femmina non basta a definire la donna, se ci rifiutiamo anche di spiegarla con ‘l’eterno femminino’ … dobbiamo ben porci la domanda: che cos’è una donna?”
Apriva la strada ad un’ampia riflessione Simone De Beauvoir, nel libro intitolato Il secondo sesso, in quegli anni immediatamente vicini alla grande contestazione.
Ma si potrebbe andare ancor più indietro nella storia letteraria e citare personaggi come Nora di Casa di Bambola, di Ibsen, o alcune protagoniste pirandelliane, per capire che il ruolo della donna e la sua presa di coscienza cominciano a divenire temi scottanti molto tempo prima degli anni ’70.
In Italia è nel dopoguerra che ha inizio la lotta delle donne che, comprendendo la propria condizione socio-culturale, sentono il bisogno di una trasformazione. Nascono associazioni come l’UDI, Unione Donne Italiane, fondata a Roma nel 1944 ma costituitasi il 1 ottobre del 1945 su impulso del Partito comunista italiano. Le donne che ne fanno parte raccolgono scatole di latte per gli orfani di guerra, sono solidali con le operaie licenziate e chiedono le pensioni per le casalinghe, rivendicando anche una concezione nuova della maternità con la richiesta di asili nido.
E’ negli anni Settanta del ventesimo secolo, esattamente l’8 marzo del 1972, che si svolge una grande manifestazione che vede circa 20 mila donne (di tutti gli strati sociali e di tutte le generazioni) scendere nella celebre piazza Campo De’ Fiori di Roma, emblema della libertà e della difesa delle idee. Al centro della protesta è il desiderio di cambiamento: donne che non vogliono più essere solo mogli e madri, ma anche e soprattutto legittime proprietarie del proprio corpo, a dispetto di precetti cattolici di matrice maschilista e autarchica.
Nel 2012 la proprietà del corpo sembra pienamente riconosciuta, ma essere proprietarie del proprio corpo significa non dover sottostare ad alcuno schema maschilista. Da qui la consapevolezza di un inevitabile fallimento, di passi indietro, contro quelli fatti nei decenni precedenti.
Risale ai tempi della grande guerra il modello della donna intesa come sollievo al duro lavoro maschile, come distrazione, come muta figura, presente solo per rendere lieti i momenti crudi o noiosi dei soldati.
Risalgono al secondo dopoguerra i contesti che si alimentano mediante l’umiliazione delle donne, esposte come bestiame da sottoporre a giudizi e valutazioni.
“Che pena vedere donne mezze nude e ammiccanti su uno schermo, in mezzo a tanti uomini vestiti di tutto punto!” diceva Dacia Maraini in un’intervista realizzata da Alessandra Stoppini.
Oggi,a distanza di circa 40 anni,quali sono state le trasformazioni e i traguardi raggiunti all’interno di questo percorso fatto di proteste civili?
Le donne ormai usano il corpo per credere, in tal modo, di mettere il mondo al loro servizio. Un tempo c’erano donne affascinanti, ammalianti,che seducevano uomini potenti per ottenere ciò che volevano, ma almeno i loro obiettivi erano elevati: Cleopatra fu femme fatale, ma di un’intelligenza da far paura, se è vero che suggerì lei alcuni disegni politici ai suoi potenti amanti. Oggi, invece, queste donne fisicamente avvenenti e perennemente in vetrina al massimo potrebbero solo ottenere una piccola parte in qualche telefilm o in qualche programma tv di dubbia qualità.
Una cosa, alla fine, è certa: fino a quando ci saranno donne che confonderanno la schiavitù dell’apparire e la mansuetudine all’uomo con la capacità di saper dominare il mondo, suscitando solo appetiti sessuali, il celebre slogan “Tremate, le streghe son tornate!” avrà solo lasciato un pietoso calco, che avrà visto sostituire il verbo ‘tremate’ da un mero ‘ridete’. Mentre accanto al nome di ‘streghe’, invece della nobile scopa, sarà rimasta solo una ridicola e sbiadita penna di volatile.
Sabina Corsaro