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Finché morte non ci separi…?

Una volta si diceva “finché morte non vi separi”, oggi si potrebbe dire: “per i prossimi quindici anni”: è questa, infatti, la durata media di quasi metà dei matrimoni celebrati. I dati Istat evidenziano che nel 2010 su 1000 matrimoni si sono registrati 307 separazioni e 182 divorzi: il “per sempre” non sembra essere più tale. La fascia d’età media dei due coniugi si aggira attorno ai 45 anni, ma ultimamente neanche le coppie over 60 sembrano andare più d’accordo, e difatti i numeri sono in crescita. Il vero problema sono gli eventuali figli, specialmente se minorenni, come accade alla metà delle famiglie in questione: divisi tra due abitazioni, due vite, due famiglie. D’altronde spesso risulta difficile far capire ad un bambino di pochi anni che è “meglio soli che mal accompagnati” anche quando i mal accompagnati in questione sono proprio i suoi genitori. Si sta facendo sempre più chiarezza sulla questione ed anche le leggi si prodigano per creare il miglior ambiente educativo possibile. Oggi ciò a cui ogni processo aspira è una situazione di affido congiunto, ritenuta quella meno nociva per il bambino stesso, anche se in molti casi il modo con cui i due coniugi hanno interrotto i rapporti non lo consentono. Dati alla mano, è invece l’affido condiviso quello più gettonato, ma spesso e volentieri la presenza di entrambi i genitori per un tempo equo all’interno della sua vita non basta a compensare l’assenza di una famiglia unita. Fare in modo che per un minore la separazione non diventi un trauma sta nella capacità dei genitori di affrontare questa situazione, tenendo presente che nonostante in molti casi si provi astio nei confronti dell’ex partner, questi rimane pur sempre l’altro genitore del proprio bambino, nonché per lui una figura di riferimento. I casi più dolorosi si presentano quando scatta la “sindrome da alienazione genitoriale”: ciò accade quando uno dei due genitori (definito “alienante”) mostra al bambino la propria sofferenza, che egli attribuisce palesemente alla controparte non mancando di denigrare il coniuge e di accusarlo di trascuratezze ed abusi. In questi casi, il dolore che il figlio percepisce nel genitore alienante lo porta spesso a schierarsi con lui contro l’altra parte (definita “alienata”), per la quale finisce per provare astio e disprezzo ingiustificati.  Questo porta irrimediabilmente ad un troncamento dei rapporti tra il genitore alienato ed il figlio, in quanto quest’ultimo rifiuta qualsiasi contatto, spesso anche solo telefonico. Lo sviluppo del bambino risente moltissimo di questo tipo di situazione: egli può sviluppare una percezione alterata della realtà, divenire aggressivo, smorzare la propria capacità di provare simpatia ed empatia nei confronti degli altri, non riconoscere l’autorità altrui ed, infine, presentare difficoltà scolastiche, alimentari e relazionali. Insomma i genitori sono e devono essere due: nel bene e nel male finché morte non li separi… dal loro bambino.

Sara Servadei