Garibaldi, un eroe difficile
Nell’ambito del “Mitifest”, rassegna di eventi culturali dedicati al tema del mito, organizzato dalla facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, si è svolto giorno 26 Maggio un incontro dal titolo “Il mito di Garibaldi. Un eroe difficile”. Nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini è stata esposta dal preside della facoltà, Enrico Iachello, una relazione sull’eroe dei due mondi. Come e quando nasce il mito di Garibaldi? Il mito, invenzione finalizzata e organizzata, nasce secondo regole precise, che oggi si potrebbe paragonare a quelle del marketing. Per essere tale il mito deve costruirsi delle “maschere” e indossarle di volta in volta, come fece Garibaldi, partecipe della costruzione del suo stesso personaggio. Esattamente la figura di Garibaldi emerge durante la guerra tra Uruguay e Argentina (1839-1852). Qui il giovane Giuseppe dà vita alla legione italiana per combattere per la libertà. La stampa europea si accorge presto di lui ma tenta di distruggerlo presentandolo come un bandito e rapitore. Anche Mazzini lo nota e sarà lui il primo stratega consapevole della costruzione del mito. Chiede a una rivista americana di pubblicare due documenti su Garibaldi: uno in cui il dittatore uruguayano offre terra ai legionari italiani e l’altro in cui Garibaldi risponde al dittatore rifiutando in nome della libertà. La costruzione del mito è cominciata e nel corso di quegli anni si ipotizza un ritorno in Italia dell’eroe. Nel frattempo si diffonderanno numerose immagini di Garibaldi che, grazie alla litografia e alla maggiore diffusione dei giornali illustrati, contribuiranno a definire l’eroe. Interessante, a questo proposito, la serie di ritratti che il preside Iachello mostra ai partecipanti; immagini che sottolineano le diverse “maschere” dell’eroe: condottiero coraggioso e marito afflitto per la perdita della moglie Anita, soldato in divisa piemontese e Cristo Pantocratore. Proprio così. Il culto per l’eroe è consolidato a tal punto da raffigurarlo persino nelle vesti di Cristo e oltre che in Italia lo ritroviamo persino delle campagne francesi. Il suo obiettivo, unificare l’Italia, lo porta a unirsi all’esercito piemontese (1859). La fama di Garibaldi cresce sempre più tanto che cominciano a essere scritte le prime biografie su di lui e dopo la spedizione dei Mille, seguita da ben 12 corrispondenti stranieri, inizia a diffondersi la leggenda della sua invincibilità che lo studioso Salomone Marino ritrova nei canti popolari siciliani. Qui si narra che S. Rosalia stessa regalò a Garibaldi un braccialetto di cuoio per deviare le pallottole. Con il ritiro a Caprera il “leone” non riesce a riconciliarsi con la sua nazione, ma Crispi gli verrà in aiuto ponendo la sua figura di eroe addirittura accanto a quella del re. Dopo la sua morte il mito si assopisce anche se non muore mai del tutto, risvegliandosi periodicamente per essere disprezzato o lodato, amato o odiato, ma pur sempre ricordato.
Giuseppina Cuccia