I frutti della terra
Anni fa un gruppo irlandese definiva con ‘zombie’ l’identità dei componenti della società in cui viviamo. Niente di macabro, niente di pessimistico, una semplice constatazione, da parte di chi per un momento si pone delle domande e prova a riflettere. Da chi è composta la società? da automi che guardano a soli pochi centimetri dal punto in cui si trovano e il punto più lontano per chi si trova in un’isola è il mare. Il mare è vita, bagna la terra, mette in comunicazione popoli ma non è sufficiente, talvolta, a spegnere l’arsura che brucia in gola. C’è sete: di giustizia, di libertà, di sogni rimasti accantonati, come mele cadute dall’albero perché troppo fracide e poi c’è lei: l’aridità. La terra di Sicilia, la terra di tutte le isole lasciate in disparte, non solo nera ma rossa e bianca, poiché non c’è sangue che non viene cerchiato da un gesso, quando un dito lo muove la giustizia. Oggi come allora, oggi come domani, forse. E cosa resta intanto da fare a chi vuole seminare altri frutti? La consolazione che il tempo un giorno renderà ciò che oggi è negato, ma il tempo è tiranno e potrebbe lasciare seccare i semi senza aspettare che diventino maturi e poi pronti per la raccolta. Terra di agricoltori e fatica ieri, terra di fatica e di giovani senza nulla tra le mani oggi. E domani? Si attenderanno ancora i frutti di questa terra.
Rossana Carbio
Che la Sicilia sia lo zerbino d’Italia non lo scopro certo io oggi. E mi sembra doveroso dover sottolineare come lo Stato in questo ci abbia messo più di uno zampino…E’ convenuto ai signori politici portare avanti questo discorso e lasciare questa terra al suo amaro destino; poi aggiungici che la nostra mentalità ci impedisce di guardare avanti e farci vivere con un certo grado di rassegnazione e viene fuori la frittata. Chi rimarrà in questa terra? I raccomandati e le persone senza ambizione.
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