Pubblicato il: 7 Luglio, 2009

I Giusti di Albert Camus

maratIeri sera, al Teatro Sipario Blu, è andato in scena “I Giusti” di Albert Camus (tratto da una vicenda realmente accaduta) con la regia di Gioacchino Palumbo in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Catania e il Laboratorio teatrale Molo 2. Le attrici, tutte giovanissime (eccetto due soli attori), sono alla prima esperienza come anche il resto dello staff e salvo qualche rarissimo e perdonabile strafalcione hanno sostenuto la recitazione di un testo teatrale molto impegnativo con eccellente puntualità: più d’una volta sono riuscite a creare il legame tra palco e pubblico e dunque a concretizzare il coinvolgimento dello spettatore.  Nonostante le attrici fossero tutte donne, un solo personaggio era femminile: tutte le altre ragazze hanno interpretato ruoli maschili con un risultato molto gradevole. Gli abiti da uomo, le movenze, i gesti e le espressioni maschili sul corpo e sul viso di una donna, hanno arricchito moltissimo la rappresentazione. La vicenda è apparentemente semplice e lineare: un gruppo di rivoluzionari socialisti nella Russia del 1905 progetta un attentato ai danni del Granduca Sergio e dopo un imprevisto riesce nel suo intento con le naturali conseguenze. Ma in verità le tematiche sono molto più complesse ed estremamente interessanti e travolgenti: l’assurdità della vita umana, il senso della vita in una società profondamente ingiusta, il senso della giustizia, la dignità umana, la libertà e i suoi limiti, l’omicidio come rivolta necessaria, la morte come riscatto necessario. Punto fondamentale della storia è il momento in cui Janek, il rivoluzionario poeta, fa fallire il primo attentato perché nella carrozza del Granduca ci sono due bambini e tra i cospiratori esplode una discussione accesa e vibrante. Può un’azione essere portatrice di morte e di giustizia allo stesso tempo? Fino a che punto una causa nobile giustifica la violenza e l’omicidio? I protagonisti sono costretti dalla loro coscienza a ribellarsi rifiutando le terribili condizioni in cui vive il popolo russo, ma questa scelta li porta comunque ad una non-vita, dove sono costretti a nascondersi, camuffarsi, negarsi la possibilità di una relazione sentimentale. Riassumere cosi una rappresentazione intrisa di mille contraddizioni umane, di innumerevoli spunti per pensieri sulla vita, sulla morte, sulla giustizia su tutti i fattori che incidono in ogni cosa che facciamo e diciamo è davvero riduttivo, ma basti sapere che lo spettacolo lascia dentro l’animo infinite domande senza risposta, turbamenti che si intrecciano in un percorso illimitato. Complimenti dunque a tutti coloro che hanno messo in scena un’opera di questa portata e in particolare alle attrici: Francesca Adamo, Simona Barbagallo, Giovanni Calabretta, Enza La Giusa, Sandra Mascali, Martina Minissale, Alessia Prezzavento, Mauriel Travailard.

Elena Minissale

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