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I tanti volti della violenza sulle donne

È passato ormai tempo da un giorno importante del nostro calendario: il 25 Novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, perchè riporta silenziosamente al ricordo di noi tutti il barbaro assassinio delle tre sorelle Mirabal, nel 1960, per essersi opposte alla dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana. I fatti di cronaca degli uiltimi giorni ci spingono però a fare un’ulteriore riflessione su questa tematica purtroppo sempre attuale. La violenza sulle donne può assumere molteplici terrificanti volti. Uno di questi ha le sembianze della “violenza domestica”e circa il 40% delle offese di questo genere avvengono ad opera di parenti o conoscenti. Indimenticabile per l’efferatezza del delitto, l’omicidio di Hina, una giovane pakistana, accoltellata dal padre e sepolta in giardino perché ” voleva vivere da occidentale”. Il delitto fu commesso in difesa della reputazione della propria famiglia: fatti comuni in molti paesi musulmani e conosciuti come “delitti d’onore“. Altro volto della violenza: lo stalking, termine inglese con il quale vengono designati una serie di comportamenti persecutori continuativi nei confronti di una persona, generalmente di sesso opposto, atti ad infondere ansia e angoscia tanto da minare il normale svolgimento della vita quotidiana. Un’intrusione nella vita privata tramite una comunicazione verbale o scritta avente come scopo la ricerca di un contatto personale con il soggetto preso di mira.

Uno dei miti da sfatare è quello secondo cui le violenze, abusi, sevizie, minacce e ricatti nei confronti delle donne avverrebbero in paesi economicamente instabili: questo genere di aggressioni s’insinua anche e soprattutto nei meandri dei luoghi “progrediti”: ad oggi la donna viene colpita da offese sia psicologiche che fisiche persino in luoghi di lavoro, in pieno giorno nel pieno centro delle città. Prima degli anni ’80 un articolo del codice penale italiano (544 del Codice Rocco, abrogato nel 1981) prevedeva l’estinzione del reato di violenza carnale attraverso il matrimonio tra soggetto offeso e offensore. La prima donna ad opporsi al cosiddetto “matrimonio riparatore” fu la siciliana Franca Viola, sequestrata e violentata per più giorni da un pretendente il quale sperava in questo modo di poterla sposare. Grazie al sostegno del padre riuscì a denunciarlo e a farlo condannare a svariati anni di carcere.Le conseguenze psicologiche post violenza sono profonde: si parla nei casi più gravi di “Acute stress Disorder”, ovvero la chiusura della donna in se stessa, infatti il dolore è tale che diventa incapace di poterlo comunicare a terzi (famiglia, amici) sfociando non di rado nell’assunzione di droghe ed alcool o addirittura stroncando la propria vita col suicidio. Obiettivo delle campagne di sensibilizzazione, come quella intrapresa a tal proposito da Amnesty International, è quello non solo di sensibilizzare l’opinione pubblica ma di mettere in atto iniziative concrete contro la violenza, oggi sempre più alla ribalta agli onor della cronaca. È davvero un controsenso che la donna, centro della vita, sia così costantemente umiliata e mortificata.

Grisiglione Graziella