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I volti del primo Marzo: la scommessa della produzione dal basso

L’1 Marzo 2010 è stato il giorno del primo sciopero degli immigrati: “ventiquattr’ore senza di noi”, era scritto sul manifesto. Per far capire agli italiani cosa succederebbe nel nosto Paese se d’improvviso gli stranieri sparissero. Alcuni giovani siciliani hanno voluto raccontare quella giornata con foto, interviste e approfondimenti attraverso il libro “I volti del primo marzo”. La particolarità del progetto consiste nella modalità di finanziamento della produzione: tutti possono diventare co-produttori, prenotando la propria copia e pagando il costo del proprio libro solo al raggiungimento del numero minimo di finanziatori. Si chiama “produzione dal basso”. Chiunque fosse interessato a partecipare alla realizzazione di questo interessante volume, può farlo visitando il sito web [1] omonimo.

Per saperne di più, abbiamo intervistato uno degli autori, il ventiduenne modicano Giorgio Ruta.

Quando nasce l’idea di scrivere un libro, in quale circostanza?

L’idea è venuta a Francesco Di Martino che ci ha catapultati a Siracusa e a Catania per seguire lo sciopero, senza capire bene quello che stavamo andando a fare. È nato così, quasi per caso. Ma sicuramente, questo libro è frutto della necessità di far uscire dalla “clandestinità” i migranti e le loro condizioni. Appunto abbiamo voluto dare un volto e una storia agli immigrati scesi in piazza il primo marzo 2010. E raccontiamo anche di quelli che quel giorno non potevano esserci per ovvi motivi.

Chi sono gli autori?

Siamo un gruppo di ragazzi impegnati nel mondo del giornalismo: due fotografi e tre giornalisti. Il più esperiente è Francesco Di Martino di Noto. È un fotoreporter e al suo attivo ha la fondazione di Siciliantagonista.org, varie mostre, il docufilm “U Stisso sangu” e il libro “Sulle tracce di Felice” . L’altro fotografo che ha seguito l’evento è Giuseppe Portuesi di Avola, anche lui con una grande esperienza nel mondo della fotografia. Gli scritti sono di Massimiliano Perna, Rosario Cauchi e miei. Massimiliano è stato l’organizzatore del Primo marzo di Siracusa, collabora con numerose testate come L’Isola possibile ed è l’anima del sito ilmegafono.it. Per lui è il secondo libro. Poi c’è Rosario, di Gela. Anche lui collabora con varie testate come Liberainformazione, Siciliantagonista, Siciliainformazioni ed è molto attento alle vicende della sua città. Io vivo a Modica e come gli altri giro attorno al portale Siciliantagonista; poi sono tra i fondatori e redattore del Clandestino di Modica, un mensile modicano e collaboro anche con altre testate come Liberainformazione. Inoltre nel libro ci sono preziosissimi contributi come quello di Antonello Mangano. È un lavoro corale.

Quali sono state le vostre fonti?

Per questo libro le nostri fonti sono i migranti. Siamo semplicemente scesi in piazza con loro e li abbiamo ascoltati. Abbiamo sentito le loro storie, i loro amori, le loro sofferenze, le umiliazioni e le speranze.

Puoi spiegare brevemente in cosa consiste il progetto della co-produzione “dal basso”?

La produzione dal basso è un esperimento molto interessante. Producono il libro tutti coloro che credono al progetto avendo visto l’anteprima. I co-produttori prenotano la copia e appena si arriva a coprire i costi della stampa il libro va in tipografia e solo allora i co-produttori pagheranno le proprie copie. È un metodo che può dare spazio ad esperienze emergenti e soprattutto è uno strumento profondamente democratico.

Vi siete rivolti a qualche casa editrice o avete pensato direttamente a Produzioni dal basso?

Abbiamo l’appoggio del Marotta e Cafiero editrice di Napoli che ci aiuterà nella distribuzione e di Terrelibere. Ma il libro nascerà solo se con la produzione dal basso riusciremo a raggiungere le 300 quote necessarie per la stampa. I veri editori sono i co-produttori.

La prefazione è curata da Fabrizio Gatti, che si è occupato in maniera brillante di immigrazione…

Il contributo di Gatti ci ha fatto molto piacere, perché è il miglior giornalista in tema d’immigrazione, ma anche perché è stato tra i primi a lanciare l’idea di far mancare le braccia e le menti dei migranti nella nostra economia per un giorno. La collaborazione con Gatti è nata da un precedente suo contributo al documfilm “U Stisso sangu” di Francesco Di Martino.

Secondo te, quanto l’opinione pubblica italiana è disinformata o informata in maniera distorta riguardo al “problema” dell’immigrazione?

Io penso che più che essere disinformati il nostro problema è che non vogliamo vedere. Ognuno di noi è a contatto con i migranti e ognuno di noi può vedere che sono uguali a noi, che non sono tutti delinquenti come si dice stupidamente. E se aprissimo gli occhi cadrebbe pure la nota frase “perché non vanno tutti a casa?”. La nostra economia, la nostra vita senza loro non sarebbero uguali. E poi ci dimentichiamo sempre una cosa: eravamo noi i migranti dello scorso secolo. Lo eravamo noi siciliani andando a Milano, ma lo eravamo anche quando noi italiani andavamo in Argentina o in America. Perché ci scordiamo tutto questo? Un migrante, nel libro, ci ha dato la sua risposta: «Fate così con noi perché non volete vedere i vostri problemi, la vostra povertà». È vero. Qual è la differenza fra uno studente universitario che deve lasciare il suo paese per il Nord e un migrante? Nessuna.

Qual è il ricordo più “forte” che hai di quel primo Marzo?

Il ricordo più forte sono gli occhi di un ragazzo, mio coetaneo, che mi raccontava la sua storia. La ragazza lasciata nel suo paese, il non potersi sentire; il viaggio e poi la violenza di Rosarno. Ha perso un amico tra la follia di quelle giornate calabresi. I suoi occhi raccontavano più delle parole l’assurdità di questo dolore. E anche noi siamo responsabili di tutto ciò.

Ornella Balsamo