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I volti dell’immigrazione – una storia a lieto fine

Dumitru ha 23 anni ed è moldavo. Parla bene l’italiano e mi spiega subito perché: «Vivo in Italia da sette anni». Gli chiedo come mai, tra tanti paesi, abbia scelto proprio il nostro: «Ero minorenne, avevo 16 anni, ho seguito mia madre che era arrivata qui molto tempo prima, nel 1999. Lei è rimasta qualche tempo a Napoli, poi ha deciso di trasferirsi a Parma. Ha lavorato prima come badante, poi in un’impresa di pulizie. Adesso ha un negozio di pasta fresca». Ha vissuto la sua adolescenza a Parma, ha studiato lì: «anche se non ho mai finito gli studi – mi confessa – Mi sono subito iscritto a scuola, al primo anno, appena arrivato. Ne ho cambiate due, cercavo un istituto dove potessi studiare informatica. Al quarto anno ho iniziato a lavorare in un’azienda, pensavo di guadagnare chissà quanto…». Ora lavora in una società di consulenza turistica come web master a Bologna, e si è trasferito in città da pochissimo. Non ha avuto particolari problemi una volta giunto in Italia, dato che è stato aiutato anche dalla sua famiglia e non era da solo. Del resto l’idea che aveva dell’Italia, guardandola dal suo paese, non ha tradito le aspettative: «La visone dell’Italia dalla Moldavia, sette anni fa, era di un paese con un alto livello di benessere, facile da raggiungere e con una comunità in cui sarebbe stato facile integrarsi». Questa integrazione, a lui, è riuscita. E problemi con l’italiano, invece? «No – mi risponde – Noi parliamo un dialetto che è un misto tra rumeno e russo, la lingua ufficiale del mio paese è il rumeno. Essendo una lingua neolatina, non ho avuto difficoltà nell’apprendere la vostra». Chiedo se abbia mai subìto discriminazioni, in quanto immigrato: «Qualche volta, ma erano soltanto pregiudizi». Dumitru non torna spesso nel suo paese, una volta ogni due anni; la sua vita ormai è qui. Ma c’è il desiderio di rivedere la sua terra, e tutto ciò che ha lasciato a 16 anni, un giorno? «Penso di rimanere in Italia – mi risponde – Del resto, dove trovi un altro paese che, a un’ora di macchina, ha sia delle belle montagne che un bel mare? Sono tornato in Moldavia l’anno scorso, e mi sono sentito un estraneo. Non ci sono prospettive, tutti i giovani vivono fuori, lì sono rimasti solo i vecchietti, o chi non ha la possibilità di andare via. E’ un paese che sta morendo lentamente». Concludo l’intervista chiedendogli cosa, secondo lui, dovrebbero imparare gli italiani: «Evitare di lasciarsi guidare dai pregiudizi…Anche se questo non succede solo a loro».

Mariangela Celiberti