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Il Giappone tra passato e presente

Nella mente di molti il Giappone è sinonimo di sushi, manga e chissà cos’altro. Geograficamente si presenta come un arcipelago composto da quattro isole maggiori, diverse tra di loro, ma accomunate da medesime tradizioni, storia, cultura e simboli. La capitale, Tokyo, è formata da 9 zone e non le vie, ma i quartieri hanno un nome. A Kyoto invece, nel quartiere Gion, ancora esercitano le geisha: l’ora migliore per incrociarle è al crepuscolo quando escono per recarsi al lavoro nei piccoli ristoranti tradizionali; frettolose nei loro abiti, sembrano volteggiare come lanterne rosse. Ed è l’armonica fusione tra passato e presente e al contempo il divario assoluto tra città e campagna che caratterizza il Giappone.

Se nelle grandi città, Tokyo, Kyoto, Kobe, Yokohama, la vita si ispira agli schemi occidentali, nelle campagne invece si respira un clima molto diverso e il tempo sembra essersi fermato. Un bellissimo esempio viene dai paraventi, importati dalla Cina fin dall’antichità. In origine destinati a essere situati dietro il trono dei dignitari, sono formati da un numero pari di pannelli e la maggior parte presenta immagini tratte dalle campagne, allora come ora, incontaminate. Quello qui proposto è a sei ante, dell’epoca Momoyama (ca. 1600), senza firma e riproduce un paesaggio autunnale, composto secondo regole tradizionali e intriso di simboli tra cui il crisantemo, l’albero in primo piano e i monti sullo sfondo, la tartaruga e i granchi.

Impressiona questo popolo capace di fondere tradizioni secolari e sviluppo della tecnologia, il rispetto per gli anziani e la propensione verso il futuro. Non è strano vedere i ragazzi nei templi o partecipare alle feste tradizionali tra cui quella di hanami: godere della fioritura dei ciliegi (sakura) facendo pic-nic nei parchi sotto gli alberi sbocciati. Tutto il paese in quel periodo, tra marzo e aprile, sembra contagiato dalla febbre della festa e persino i metereologi cercano di prevedere l’esatta settimana di maggiore fioritura dei ciliegi. In quei giorni frenetici le strade sono invase dal profumo dei fiori che si mescola a quello dei cibi, fra cui il sushi e sashimi. Se nella gastronomia esiste il dolce, l’amaro, il salato e l’acido, i giapponesi hanno inventato un quinto elemento chiamato umami, così estraneo alle nostre abitudini alimentari da stupire le nostre papille gustative. Ogni pietanza è un trionfo di colori e freschezza assolutamente lontana dai fast food. L’ora del pasto è una cerimonia con un suo galateo molto preciso, tanto importante quanto quella del thè, una delle bevande più consumata in Giappone da qualsiasi ceto sociale. Impossibile contenere entro poche righe la forza di questo popolo, da sempre vissuto in posizione isolata, ma mai rimasto indietro, la sua ingenuità nei confronti del mondo, l’estrema volubilità nei confronti delle mode e allo stesso tempo la sua grande capacità di apprezzare la bellezza delle cose.

Giuseppina Cuccia