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Il gioco delle ombre: Diary di Chuck Palahniuk

Secondo Platone, noi viviamo incatenati dentro una caverna buia. Essendo incatenati, di questa caverna possiamo vedere soltanto la parete di fondo. Soltanto le ombre che vi si muovono. Potrebbero essere le ombre di qualcosa che si muove fuori dalla caverna. Potrebbero essere le ombre di altrui individui incatenati accanto a noi. Forse l’unica cosa che ciascuno di noi vede è la sua stessa ombra.  Carl Jung lo definiva il gioco delle ombre. Diceva che noi non vediamo mai gli altri. Vediamo solo quegli aspetti di noi stessi che si riflettono su di loro. Ombre. Proiezioni. Le nostre associazioni. Un romanzo poco conosciuto dello scrittore Chuck Palahniuk e forse uno dei migliori, è Diary. il titolo è dovuto all’effettiva essenza diaristica del romanzo: la protagonista Misty, scrive un diario dal momento in cui il marito Peter Wilmot entra in uno stato di coma permanente dopo un tentativo di suicidio. La donna, che si definisce regina degli schiavi, lavora come cameriera in un albergo di Waytansea Island, isola in cui si è trasferita dopo il matrimonio e la nascita della figlia Tabbi. Con Peter si sono conosciuti all’Accademia d’arte e Misty si lascia affascinare da questo giovane eccentrico che le fa sognare un futuro radioso e ricco e che l’avvolge di un’aura magica: egli è convinto che il destino di Misty sia quello di divenire una famosissima pittrice.  Purtroppo la vita sull’isola ben presto diventa difficile, i soldi della ricca famiglia Wilmot finiscono e Misty resta con Tabbi e sua suocera Grace, sommerse dalle orde di turisti che infestano e distruggono l’isola; schiacciate dalle cause dei tanti clienti di Peter, che denunciano la scomparsa di stanze intere nelle loro abitazioni che lui aveva restaurato durante la loro villeggiatura sull’isola. Il percorso machiavellico, ipnotizzante e surreale del diario trascina il lettore nel vortice di Misty e di Palahniuk in una pericolosa tentazione: dimenticare la realtà per immergersi completamente nel mondo inquietante della protagonista che diventa sempre più soffocante, minaccioso e terrificante. Il diario è pieno di flashback e di tranelli letterari tipici di Palahniuk oltre che ricco di giochi e abbagli per il lettore che viene trascinato in un labirinto di follia dove tutto è più semplice di quanto possa sembrare in realtà. Ma nulla è chiaro in verità e a tutto ciò che non riusciamo a capire, possiamo dare il significato che vogliamo. Il racconto è travolgente, surreale e suggestivo: un’isola, una strana follia, il destino, la verità, il conscio e l’inconscio, il dilemma del talento, il senso della nostra esistenza, la precarietà e la beffa della vita, tutto ciò che siamo, tutto ciò che vogliamo, tutto ciò che facciamo. Che nesso c’è tra queste parole frammentarie e sconnesse? Quello che all’accademia non ti insegnano. Ovvero che sei sempre e comunque in trappola. Che vivi dentro la tua testa, e vedi soltanto ciò che vuoi vedere.

Elena Minissale