Pubblicato il: 25 Ottobre, 2010

Il linguaggio del precariato

linguaggio precario

La lingua è il filtro della contemporaneità e agisce da termometro socio-culturale. Di fronte alla necessità di scoprire quale sia l’approccio dei giovani nei confronti delle proprie aspettative, delle prospettive per il futuro, delle difficoltà riscontrate nel mondo dello studio e del lavoro, l’analisi del linguaggio utilizzato si rivela illuminante. Ponendo poche semplici domande ad un gruppo costituito da cento tra ragazze e ragazzi accomunati solo dalla fascia d’età 18-30 e dalla padronanza della lingua italiana, residenti in tutta Italia ed appartenenti a diverse condizioni economico-culturali (si va dai diplomati, laureandi, laureati, disoccupati, ai lavoratori a tempo determinato, indeterminato, part-time,  in nero o con contratto, liberi professionisti) emergono alcuni dati interessanti.

All’asettica domanda “Progetti per il futuro?”, appositamente privata di ogni forma verbale, la stragrande maggioranza delle risposte viene data utilizzando il verbo al condizionale: vorrei, mi piacerebbe, sarebbe bello. A quest’ambito appartengono parole come sogno, speranza, desiderio.

Alla domanda “Quante chances ritieni di avere per realizzare i tuoi progetti?” le risposte si dividono tra nessuna, pochissime, inesistenti tra quanti intendono le chances come occasioni provenienti dall’esterno e non dipendenti dal soggetto, e dipende dalla mia forza di volontà tra la grossa fetta di coloro che interpretano la parola chance come “occasione da non perdere”.

Tra i termini più utilizzati per rispondere alla domanda “Quali sono le difficoltà principali che incontri o hai incontrato nell’ambito dello studio e/o del lavoro?” troneggia il termine burocrazia, seguito a ruota da incompetenza, disorganizzazione, mancanza di strutture, mancanza di agevolazioni, mancanza di disponibilità, raccomandazioni, sfruttamento del precario.

Da segnalare infine una particolarità: alla domanda “Cosa vorresti che facessero governo, istituzioni e amministrazioni locali per agevolare il tuo inserimento nel mondo del lavoro o per fare carriera?” parecchi soggetti fanno ricorso al turpiloquio, all’ironia, ad espressioni ostili: che andassero tutti a fan****, che morissero tutti, totale sfiducia; in quest’ambito le parole più spesso utilizzate sono state: meritocrazia, svecchiamento, spazio ai giovani, cambiare radicalmente, preparare al mondo del lavoro, stage, tirocini, stanziare fondi alla ricerca, puntare sull’istruzione, tutelare. Subito dopo aver espresso i propri desideri, il 70% degli intervistati ha fatto ricorso alla parola utopia.

Ornella Balsamo

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