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Il pattume? La “tolleranza zero” del Governo

“Vizi privati sono pubbliche virtù”, scriveva Bernard de Mandeville ne “la favola delle api”. Il filosofo utilitarista olandese, ispiratore della destra liberale anglosassone, non poteva certo alludere al pattume che sta emergendo dalle inchieste baresi sulle consuetudini di vita del presidente del Consiglio. Si tratta di vicende al vaglio della magistratura, il cui accertamento, in realtà, non aggiungerebbe nulla alla pubblica informazione sulle doti del tipo d’uomo che oggi incarna lo specchio d’Italia. Sarebbero motivo di scandalo, e finanche di dimissioni, in un paese in cui il rispetto delle leggi costituisse il collante di un’etica pubblica. In Italia non è così, ed è inutile prendersela col senso comune, come i giornali del gruppo De Benedetti, con una buona dose d’infantilismo, fanno quotidianamente. Sembra più utile riflettere, per comprenderne le ragioni. Perché l’esecutivo dal profilo più torbido nella storia nazionale mantiene e accumula sempre più consenso, ogni qualvolta gli scandali e le nefandezze appaiono più evidenti? In questo paese, uno dei più corrotti al mondo, la morale pubblica è inquinata alle radici, a causa del retaggio trentennale di scambi politico-affaristici, coperti dal volto finanziario e pseudoefficientista di un’economia malata, intrinsecamente criminale ed eversiva. Che il popolo vi si acconci, è altrettanto scontato, perché le forze produttive sono schiacciate e ammorbate da una piramide clientelare, atavica e inattaccabile, capace di infondere sudditanza e rassegnazione. I pochi agenti sani rimasti non possono che adeguarsi, in un regime di manipolazione, capace di prosperare su quella che, una volta, fu definita “passivizzazione delle masse”. Sta, dunque, solo nelle residenze private di Berlusconi, il pattume? No. Sta soprattutto nei provvedimenti restrittivi, apparentemente legalitari, varati dal suo governo. Ci si potrebbe limitare a costatare la contraddizione tra essi e la condotta criminogena dei suoi esponenti; tra essi e la “campagna culturale” doppiamente criminogena, realizzata dagli strumenti mediatici del suo dominio manipolatorio. Sarebbe, tuttavia, un esercizio fuorviante. L’incoerenza è apparente, come lo è la repressione sancita dal decreto sulla prostituzione, che sposta il fenomeno negli interni delle case, o il rimedio alle molestie, con l’istituzione del reato di “Stalking”. Con quest’ultima legge, accompagnata dalla rinuncia alla prevenzione, lo Stato ha abdicato al suo dovere pedagogico, arrendendosi al fatto che siamo e saremo un popolo di guardoni, di squilibrati molestatori e di potenziali stupratori. Perché? E’ l’instrumentum regni berlusconiani: inquinare la morale pubblica, corrompere le menti e i costumi nazionali, con la totalitaria forza persuasiva dei media, per poi somministrare pillole di “tolleranza zero”, la cui inevitabile assuefazione è funzionale al mantenimento dell’egemonia culturale. Vi dice nulla la firma, posta a sanzione di queste leggi? “Mara Carfagna”.

Enrico Sciuto