Pubblicato il: 12 Gennaio, 2010

Il Ponte e il rischio sismico: studi in alto mare

Un solo siciliano è coinvolto nel progetto “Ponte sullo Stretto”. Si chiama Fabio Lentini e di mestiere fa il geologo. Dirige il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo catanese, che nel 2005 ha firmato una convenzione con Impregilo per uno studio di fattibilità. Il risultato? Un responso tecnico che, a lavori avviati da un mese, non è ancora stato integrato da valutazioni complete ed esaustive sul rischio sismico.

Prof. Lentini, qual era il mandato del vostro lavoro?

Dovevamo esaminare un progetto realizzato in precedenza, in funzione della gara d’appalto. Impregilo, allora in lizza con altre imprese, ci chiese di prendere in esame alcune incognite: innanzitutto il rischio che gli scavi potessero provocare il prosciugamento dei Laghi di Ganzirri….

Scompariranno?

E’ un’ipotesi assolutamente ridicola. Non ci sarà alcun travaso, e dunque nessuno svuotamento dei laghi. Se si realizza uno scavo non lontano dal mare, ci s’imbatte nell’acqua che vi s’infiltra. In ogni caso, è prevedibile che in quella zona vi sarà una saturazione di acque marine, dunque non sarà certo un foro a provocare un vuoto, tale da favorire lo svuotamento dei laghi.

Si dice sempre che le due sponde si allontanano.

E’ questione di un millimetro e mezzo, al massimo di due millimetri l’anno. Dopo mille anni, si avrebbero uno o due metri di allontanamento. Coloro che si preoccupano di questo, non sanno che il ponte sarà costruito con capacità di sopportare delle dilatazioni e degli allungamenti dovuti, ad esempio, alla temperatura. Non sono questi i problemi veri.

Quali sarebbero?

Bisogna realizzare un progetto che assicuri la sicurezza sulle due sponde. Serve uno studio multidisciplinare, che metta in rapporto le variabili geologiche con tutti gli altri aspetti. Poiché esiste una questione di geodinamica, con strati in continuo movimento, è necessario stabilire se esistono delle faglie attive che possano effettivamente provocare dei cedimenti pericolosi. Non posso ancora dire se il Ponte sia tecnicamente realizzabile. Posso affermare che bisogna produrre un progetto serio, avvalendosi di studi accurati e approfonditi, per capire se ci sono degli ostacoli e se sono superabili.

Lo studio, realizzato per Impregilo, vi ha permesso di individuarli?

La convenzione con Impregilo era limitata. Prevedeva la disamina di un progetto già realizzato, con un occhio ad aspetti francamente ridicoli. Qualcosa, tuttavia, è già emerso: l’aspetto più delicato riguarda le zone in cui andrebbero a insistere le torri e gli ancoraggi. Questo problema non è ancora stato preso nella dovuta considerazione. Serve definire l’evoluzione geodinamica del terreno, cioè i movimenti che ci sono stati finora, e quelli che è possibile prevedere per il futuro. Soprattutto, per quanto concerne i terrazzamenti marini.

Come la mettiamo con il rischio sismico?

E’ un’eventualità prevedibile, ma non è detto che un eventuale terremoto sia esattamente localizzato lì. Il problema è saper realizzare delle opere che tengano conto degli aspetti geologici e che provino a tamponare gli elementi di criticità sismica. Per costruire un attraversamento stabile sullo Stretto, è prima necessario realizzare uno studio definitivo. Senza un lavoro complessivo, non disperso in mille piccoli studi inutili, non sapremo mai se l’opera è sostenibile.

Il tasso di rischio sul versante siciliano è ragionevolmente calcolabile?

Non ancora. Vi sono delle faglie di grandi dimensioni, ma alcune sono vecchie. Vi sono poi i depositi recenti, su cui bisognerebbe indagare accuratamente. I sondaggi, finora condotti, hanno dato indicazioni contrastanti. Se vi dovessi essere coinvolto io, vedrei di avere un quadro preciso delle strutture. L’aspetto importante è la sicurezza strutturale dell’opera: che una volta che si realizzi una torre, in una zona costiera, non abbia a subire dei cedimenti a causa delle scarpate dovute alle faglie.

Sono possibili misure di prevenzione, per opere di questo tipo?

Operare in coscienza delle caratteristiche geologiche del territorio, nient’altro. Alcuni sostengono che, in presenza di una faglia, bisognerebbe costruire con una fascia di rispetto. Così, in un territorio qual è il nostro, non costruiremmo più niente. Purtroppo, non mancano affermazioni sbagliate, spesso in malafede. Ad esempio c’è una grande faglia che parte dalla zona di San Gregorio e che attraversa il paese di San Giovanni La Punta, giungendo fino a Trecastagni. Si tratta di una faglia attiva. Che facciamo, sgombriamo il paese?

Ma il Ponte non è un paese, se ne potrebbe fare a meno…

Guardi, il problema è la stabilità dei piloni: dovrebbero essere piantati su terreni che abbiano caratteristiche geotecniche adeguate. In alternativa, bisognerebbe capire con quali soluzioni evitare il rischio di cedimenti. Se a quest’ultimo si può ovviare con delle tecniche, si va avanti. Altrimenti, secondo me il progetto potrebbe anche non essere realizzabile.

C’è la possibilità che se ne occupi ancora?

Ho realizzato quello studio al momento della gara. La logica vorrebbe che venga ancora coinvolto. Non so in che misura, perché ci stanno ancora riflettendo.

Enrico Sciuto

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