Pubblicato il: 27 Novembre, 2009

Intervista a un ragazzo aquilano

Intervista_a_un_ragazzo_aquilanoTommaso Tani è uno studente aquilano di 21 anni. Lo abbiamo intervistato per avere una panoramica generale sulla situazione aquilana e cercare di capire meglio alcune questioni solo sommariamente raccontate dai media nazionali.

Sei d’accordo con chi dice che il drammatico evento del terremoto non abbia distrutto “solo fisicamente” la città de L’Aquila, ma che in realtà abbia cancellato il sentirsi aquilani, il senso di appartenenza a questa città?

Assolutamente no, anzi, si può dire che è accaduto il contrario: la personalità degli aquilani, con tutti i pregi e i difetti del caso, è stata addirittura “esaltata” dopo il sisma. Nei momenti immediatamente successivi alla tragedia, si è sviluppato un sentimento di solidarietà e fratellanza anche tra di noi cittadini che, in realtà, non c’è mai stato: l’aquilano doc è un tipo abbastanza chiuso. Ora, dopo sette mesi, posso dire che la gente di L’Aquila è sempre la stessa, che litiga sempre per le stesse piccole beghe.

Passiamo all’aspetto più pratico. Come valuti l’azione del governo in relazione all’emergenza? Le promesse di aiuti fatte dagli esponenti dei grandi Paesi durante il G8, sono state mantenute o sono rimaste aleatorie?

Su questo c’è sicuramente molto da dire. La prima fase dell’emergenza è stata gestita abbastanza bene dalla Protezione Civile vista la vastità degli interventi che si sono ritrovati ad affrontare: è la prima volta in tempi moderni che un terremoto colpisce così gravemente una città di 70.000 abitanti, peraltro capoluogo di Regione, distruggendo le strutture che sarebbero dovute servire proprio nella fase di emergenza, quali l’ospedale, la prefettura, la questura e la caserma dei Vigili del fuoco. Più che parlare delle tante e gravi mancanze dell’azione del Governo però preferirei ringraziare di cuore tutti i volontari che sono scesi già dalle prime ore di lunedì 6 Aprile: professionisti e ragazzi che con un tempo impietoso hanno allestito quelle tende che sarebbero diventate le nostre case per mesi, non tralasciando mai di consolarci e distrarci da quella brutta situazione. Le promesse del G8, invece, sono state in gran parte disattese. L’idea di far adottare ad ogni paese un monumento-simbolo da restaurare è miseramente fallito in quanto solo tre Stati fino ad ora si stanno impegnando seriamente – tra questi mancano gli Stati Uniti del presidente Obama. Purtroppo è stata recitata un’altra volta una bellissima storia per la stampa di tutto il mondo che fa credere a chi è fuori che da noi vada tutto bene.

Sei a conoscenza di qualche situazione particolare, qualche dramma che in televisione e sui media in generale non è stato né trattato né raccontato?

La situazione più drammatica che nessuno vi racconta più è che tanta gente vive ancora nelle tende. I campi dovevano essere chiusi a settembre e per rispettare, apparentemente, quella data il Dipartimento di Protezione Civile ha usato metodi da deportazione vera e propria: ordini di sgombero, famiglie che dopo 6 mesi che erano in tenda, per non allontanarsi da L’Aquila, vengono mandate a centinaia di chilometri, costringendoli ad un pendolarismo forzato. Attualmente ci dovrebbe essere circa un migliaio di persone che vivono nelle tende. E considerate che la temperatura attualmente supera difficilmente i 10 gradi di giorno. Questo è il dramma che non vi raccontano più.

È vero che ci sono centinaia di lavoratori (operai, muratori, manovali) arrivati a L’Aquila per lavorare alla ricostruzione che sono costretti a dormire per strada? È vero che qualcuno di questo è stato anche costretto ad abbandonare la città?

Oddio, “dormire per strada” a L’Aquila non è una cosa eccezionale: capita spesso anche a me! Il fatto è che i posti letto proprio non ci sono, c’è ben poco da fare. Invece per gli operai i consorzi più grandi hanno provveduto a costruire interi quartieri con container dove dormono e mangiano. Altri sono costretti a spostarsi dalle città vicine, dove ci sono posti per dormire, ogni mattina ed ogni sera. Capitano perciò delle strane scene verso le 17.00, alla fine dei turni di lavoro, quando ci sono decine di operai con lo zainetto lungo il ciglio della strada che aspettano di essere caricati e portati via.

Com’è la situazione delle scuole, delle università e degli alloggi universitari? Si racconta che ci sono molti studenti senza un tetto…

La situazione per le scuole superiori è abbastanza buona: le strutture sono state ripristinate e implementate dai MUSP (Moduli ad uso scolastico provvisori) – che però di provvisorio non hanno un bel nulla.
Per l’Università si è provveduto a ripristinare le strutture, prevedere agevolazioni e centri di eccellenza trascurando solo un piccolo particolare: gli studenti non sanno dove andare a dormire. I posti fisicamente non ci sono e la situazione è molto difficile da risolvere: non dimenticate che oltre a sistemare gli studenti, ci sono migliaia e migliaia di famiglie che sono in cerca di un posto letto in città!

Qualche giorno fa, hai scritto all’Arcidiocesi di L’Aquila e al presidente della Regione, per quanto riguarda la gestione della Casa dello studente San Carlo. Perché lo hai fatto? A loro cosa hai chiesto?

La situazione della nuova casa dello studente ha dell’incredibile ed è frutto anche della fretta di avere qualcosa di tangibile. Anche in questo caso, L’Aquila è tutta una deroga alle normative. Ho scritto all’Arcidiocesi e alla Regione perché ci sono diverse anomalie in questa storia. Per la nuova casa dello studente esiste un accordo di programma tra Regione Abruzzo, Regione Lombardia, Comune di L’Aquila e la Curia. La prima anomalia è che la Regione Lombardia utilizza i fondi del FAS: sono fondi che lo Stato da alle regioni per lo sviluppo delle aree degradate. Altra anomalia: la curia non dona il terreno al comune, ma concede solo il diritto di superficie per 30 anni. Questo significa che, scaduto questo termine, lo stabile tornerà a essere di proprietà della Chiesa. Ma lo scandalo maggiore arriva quando la Regione Abruzzo approva la gestione della Casa dello Studente a favore della Curia, non tenendo fede  all’accordo di programma preesistente tra le parti. Altro fatto anomalo è che non esiste un bando per l’accesso ai posti della Casa dello Studente, né si conoscono i nomi dei beneficiari. Con questo passo, la gestione del diritto allo studio diventa di fatto privata: come può un privato svolgere attività di alloggio per gli studenti, usando una struttura pubblica? Ho chiesto chiarezza alla Regione e alla Curia: inutile dire che non ho ricevuto risposta.

Massimiliano Mogavero

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