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Io sì che avrò cura di te

Accanto alla Stazione Centrale di Catania, un ingresso un po’ nascosto conduce in uno di quei posti in cui si svolgono tante di quelle storie che nemmeno un libro basterebbe a raccontare, e purtroppo non sono spesso storie belle. Il posto è un locale della Caritas, e le storie sono quelle degli indigenti e senzatetto, italiani e stranieri, che vi cercano aiuto, e quelle dei tanti volontari che vi prestano servizio. Abbiamo parlato col coordinatore del gruppo, Giovanni Calleri.

Ci presenti questo centro e le attività che svolgete.

– Siamo un Help Center, un pronto soccorso sociale per i casi di povertà estrema, e qui accogliamo indigenti di ogni nazionalità. Ultimamente sono sempre più gli italiani che si rivolgono a noi, e immigrati che dopo essere sbarcati si erano trasferiti al Nord, trovando però troppi ostacoli burocratici e difficoltà oggettive. Ad esempio, qui aiutiamo anche gli immigrati irregolari, cosa che al Nord non avviene.

A cosa puntate maggiormente nella vostra opera di aiuto?

– Naturalmente forniamo un letto, per quanto possibile, e pasti caldi (ogni giorno serviamo più di 200 pasti caldi ai bisognosi). Una cosa a cui teniamo tantissimo però è l’accoglienza e il recupero a livello psicologico. Anni di solitudine, di povertà, di vita di strada, provano un uomo ogni oltre limite. Qui, con l’aiuto anche di uno psicologo, tentiamo di far capire ai nostri assistiti quanto ancora valgono e possono dare alla società. Tra le nostre iniziative posso citare Scarpe da Tennis e Telestrada, con cui tentiamo di inserire gli indigenti nella società attraverso la realizzazione di servizi giornalistici e di cortometraggi, e lo svolgimento di un corso di italiano di base. Offriamo un dormitorio maschile e uno femminile, in cui però gli ospiti non posso restare per più di tre mesi.

Quali sono i problemi più ardui che affrontate?

– Purtroppo spesso non possiamo aiutare tutti. Abbiamo un centinaio di volontari solo in questo centro, ma lo stesso a volte non ce la facciamo. Bisogna poi riuscire a entrare nella giusta ottica per svolgere un lavoro del genere o si rischia di rimanere soffocati dalle difficoltà e dalla tristezza. Bisogna imparare ad ascoltare, a capire chi hai davanti, e a concentrarsi sulla bellezza dell’incontro con un’altra storia, un’altra cultura. Se ci riusciamo, ne usciamo arricchiti, davvero.

L’amministrazione cittadina vi aiuta?

– I locali sono di proprietà, attraverso le Ferrovie, del Comune, che ce li ha concessi in comodato. Per il resto, i finanziamenti ci vengono in grandissima parte dall’8×1000.

Vogliamo chiudere con una bella storia?

– Ne abbiamo avute diverse…le prime che mi vengono in mente sono quelle di un ragazzo della Costa D’Avorio che, dopo una trafila infinita di problemi burocratici, è riuscito a ottenere il permesso di soggiorno e ora lavora in un ufficio e riesce a mandare i soldi alla sua famiglia rimasta in Africa e quella di un ragazzo Pakistano laureato in design, che è riuscito nell’impresa di trovare lavoro presso uno studio.

Tomas Mascali