Pubblicato il: 24 Aprile, 2010

Jaki ElKann

Tanto gentile ed onesto pare Jaki Elkann quando il metalmeccanico polacco saluta ( Eh sì, perché degli italiani ne stanno rimanendo in pochi). Ma alla fine questo serafico angelo dai riccioli neri, il putto della confindustria ce l’ha fatta a scalare la Mole Antonelliana e si è fatto presidente. Nulla a che fare con quel mala razza di Lapo ( ma che razza di nome è, in siciliano si conosce U lapuni che sta per calabrone, A lapa che sta per l’ape Piaggio); le cronache ne fanno un ritratto di uomo distinto e cortese, di poche parole, un ingegnere dalla matita sull’orecchio. Ma attenzione, Salvatore Tropea di Repubblica , ci dice che se vuole può essere vendicativo, non dimentica (manco noi che la Fiat l’abbiamo amata, sostenuta) i torti subiti. Volteggia quindi nell’aere ma sa impugnare il tridente se lo fate arrabbiare; la prima dichiarazione rilasciata è questa: « Vorrei tanto che ci fosse mio nonno».
E ci sembra giusto, anche noi (Juventini) vorremmo suo nonno, soldatino Di Livio, Moreno Torricelli ( che non è quello del Barometro) e se ci permette vorremmo pure nostro nonno, le diecimilalire che ci dava a settimana, l’ovetto Kinder, i cartoni animati di Solletico, il posto fisso, la solopette che non possiamo più mettere.
Che vuoi farci Yaki, old times (vecchi tempi). Però ci fa piacere che questo presidente guardi il passato e nutra rispetto per gli avi. Che nipote delizioso, conosce tre lingue, vive a Villa Frescot in una depandaces dell’Avvocato. Solo una domanda quindi vorremmo fargli: ma che shampoo usa?
Perché a Termini, Pomigliano gli operai in preda alla disperazione, alla cassa integrazione, alla Crysler, alle fusioni, li hanno persi tutti i capelli e neppure la Crescina di Ronaldo li ha fatti più tornare.

Carmelo Caruso

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