La Antena
Film muto, argentino. Non c’è da meravigliarsi se in pochi conoscono questo piccolo capolavoro che risponde al nome di “La Antena”, di Esteban Sapir. La storia, pur con i suoi diversi livelli di interpretazione, è una vera e propria favola: c’era una volta una città ai cui abitanti era stata sottratta la voce. Eppure, sembravano non farci caso, non erano disturbati da quel silenzio. La Televisione, personificata dal cattivissimo Mr.Tv, possiede l’ultima, ipnotica, voce rimasta. O almeno quella che crede essere l’ultima voce rimasta. C’è infatti un bambino, cieco, che…
Questa la storia, che si svolge in una città fredda, immersa nella neve. Vicenda semplice per personaggi semplici. Abbiamo due bambini che stringono amicizia, due genitori divorziati che devono aiutarsi e starsi vicini in una vicenda più grande di loro, un cattivo senza scrupoli e i suoi sgherri. Messaggio di fondo, semplice e profondo, espresso a chiare lettere: “ci hanno rubato la voce, ma non ci hanno rubato le parole”. Ma cos’è che rende speciale questo film? Il titolo ci viene mostrato sulla copertina di un libro, uno di quei libri pop-up per bambini, che appena si apre fa apparire la Città senza voce. E’ questo che rende il film magico, la sua messa in scena, che sembra dipingerci davanti agli occhi le scene che leggevamo nei libri di infanzia. Un bianco e nero a tratti delicato, a tratti deciso e contrastante, per una storia che deve esprimersi senza voci e senza nemmeno colori. I sottotitoli (è come nei film muti di una volta, i personaggi parlano e noi ne vediamo le parole scritte su schermo) si adattano al contesto, si muovono e cambiano forma e posizione. La musica, essenziale in un film del genere, pur non proponendo pezzi indimenticabili fa il suo dovere, sottolineando adeguatamente i momenti di dolcezza, di tristezza, di tensione, di paura.
Difetti? Sostanzialmente coincidono con i pregi, facendone uno di quei film che “o lo si ama, o lo si odia”. Laddove uno spettatore potrà gioire della delicatezza e dello sguardo quasi infantile con cui sono trattati i temi della decadenza dei rapporti umani e dell’istupidimento collettivo, un altro potrà storcere il naso. E laddove uno spettatore potrà rimanere annoiato di fronte al silenzio (accompagnato da tutte le caratteristiche dei vecchi film muti, quindi i sottotitoli a volte un po’ invadenti, la musica estremamente insistente e la recitazione molto marcata) che pervade l’ora e mezza di durata de La Antena, un altro sicuramente ne resterà ammaliato, non rimpiangendo affatto l’inutile verbosità di certe pellicole. Un film non per tutti, ma chi avrà la voglia di vederlo, un po’ come si faceva da bambini quando ci si buttava a letto a leggere i libri di favole, ne sarà ricompensato.
Tomas Mascali