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La banda Baader Meinhof

È il 1967 e nella Germania Federale, come nel resto del mondo, c’è aria di fermento rivoluzionario. Nel corso di una manifestazione contro la visita dello Scià di Persia, i poliziotti attaccano violentemente i manifestanti ed uno studente rimane ucciso. Tra i principali critici di questa condotta violenta c’è Ulrike Meinhof, una giornalista militante di sinistra, che attacca pubblicamente, tramite i suoi articoli, il governo tedesco per le sue decisioni. Un giorno Ulrike conosce Gudrun, figlia di un pastore, una delle responsabili di un attentato ad un negozio di Francoforte. Il compagno di Gudrun è Andreas Baader, un giovane estremista, in quel momento detenuto. Ulrike, presa da fervori rivoluzionari, aiuta Gudrun a far evadere Andreas dal carcere. Nasce così la RAF (Rote Armee Fraktion). Iniziata la clandestinità, il gruppo, con altri seguaci, si sposta in Palestina per ricevere addestramento alla guerriglia e una volta in patria, la banda Baader Meinhof inizia a rapinare banche e fare attentati contro lo Stato. Saranno dieci anni di sangue e di stragi che sconvolgeranno la Germania.

Raccontando la storia vera della banda Baader Meinhof, l’intento del regista Uli Edel è quello di condannare esplicitamente il movimento terroristico tedesco. Ma ci riesce solo a metà: nella seconda parte della pellicola infatti viene dato spazio alle azioni ed ai pensieri deliranti della banda e delle generazioni successive, che a tratti risulta perfino simpatica, e nella prima parte sembra esserci quasi un alone da eroi romantici che avvolge i componenti del gruppo. L’uso di frammenti di filmati d’epoca contribuisce ad accrescere il senso di veridicità e verosimiglianza della storia. Edel, comunque, ci mostra il terrorismo come un’azione senza futuro, perché spesso guidata da deliri ed utopie. È un tramonto senza un domani, una notte che non vedrà mai la luce.

Diego Bonomo