La cultura dei quiz
Anni fa Italo Calvino si poneva il problema di come col tempo sarebbe diventato il linguaggio letterario in una società che gradualmente sarebbe stata sempre più evoluta. Prospettava un nuovo sistema di scrittura che facesse capo alle leggi della cibernetica e quindi ai meri calcoli scientifici. Calvino, lo sappiamo, non era un conservatore e la sua idea di Cultura del futuro era quella del riflesso di una dialettica tra progresso tecnologico ed evoluzione – (e/o) – adeguamento del linguaggio artistico-letterario. Era cosciente della piega che stava già prendendo, ad esempio, il linguaggio delle immagini, se è vero che con audacia usava efficaci paragoni tra l’ossessiva presenza di immagini (spesso svuotate di nobili messaggi) e ridondanti e feroci bombardamenti all’interno di un contesto civile. Bene, potremmo dire che Calvino aveva già colto i segni dell’abuso che la società contemporanea avrebbe fatto del linguaggio e della Comunicazione col conseguente e triste esito di creare una Cultura svilita e interamente appariscente. Non c’erano ancora i reality show, ma la televisione del nulla cominciava a farsi strada con programmi probabilmente ormai appartenenti alla storia dello spettacolo, ma di qualità e funzionalità sociale alquanto scadenti. Che si consideri pure sacrosanta la libertà degli italiani di vedere ciò che più a loro garba, ma non possiamo accettare a priori la giustificazione dell’esistenza dei programmi a-culturali sulla base del gusto dell’utenza che dedetermina la ‘resistenza’ (sigh) di certi palinsesti. Se la tv fosse solo un momento di svago che si esaurisse semplicemente premendo, alla fine del programma, il bottone rosso del telecomando o altri tasti per vedere anche qualcosa di diverso, non troveremmo nulla che potesse far nascere in chi quei programmi non ha intenzioni di seguirli delle perplessità inerenti agli effetti a lungo termine su coloro che ancora sono nella fase della crescita, della scelta di una direzione, della comprensione di ciò che ha un valore e ciò che non lo ha: i giovani. Siamo invece costretti a subire poi, tutti, in un modo o nell’altro, le conseguenze, ridicole e nefaste, di un sistema mentale che va ad inficiare i vari settori della Cultura, creando paradossi e situazioni a dir poco grottesche. Ed ecco allora constatare come il tizio già laureato in medicina, volendo prendere una seconda laurea in una branca più specifica della stessa, non riesca a superare i quiz di ammissione per domande in cui viene richiesta la conoscenza del nome del vincitore dell’ultima edizione del GF, che non è una sigla politica legata alla globalizzazione o a qualche film o libro di spessore di anni fa, ma due semplici lettere che racchiudono il significato di ‘guardali la mattina al risveglio e scopri quante volte adempiono ai loro bisogni fisiologici’, il tutto per 200 mila euro circa che uno di loro alla fine vincerà; certo il denaro non è di natura pubblica, sostengono contestando gli estimatori, in quanto finanziato da sponsor, ma qualcuno non può non pensare che gli sponsor a loro volta accumulano nel tempo i loro soldi prelevandoli, come si sa, indirettamente, dalle tasche dei consumatori. Ma le domande si dissolvono tra fumi e odori poco graditi e resta solo il fatto che i potenziali medici sono già valutati sulla base di questo tipo di conoscenze, così come i potenziali laureati di materie umanistiche; non importa avere padronanza della propria lingua e una sufficiente conoscenza della Letteratura e degli avvenimenti storici, così come non conta possedere un serio bagaglio Culturale da parte di chi vuole fare il medico, se non c’è un aggiornamento sulle insulse edizioni di GF o sui nevrotici talk show, che nulla hanno da offrire, nessuno può conseguire alcun titolo. Ci troviamo davanti ad una cultura dei quiz, che si farà sempre più assidua e consistente, al punto che durante un’operazione chirurgica il medico invece di dover decidere con responsabilità e competenza, avrà a disposizione 4 risposte multiple tra le quali troverà anche la data dell’ultima operazione di chirurgia al seno fatta da una procace e popolare ‘gieffina’. Calvino si era fermato al possibile patto tra linguaggi comunicativi e progresso scientifico, noi sperimenteremo gli esiti di un viaggio verso il nulla e cercheremo di recuperare quel che avremo perso solo quando ormai sarà troppo tardi.
Sabina Corsaro