Pubblicato il: 10 Aprile, 2009

La forma del desiderio I

people-runningLa parola Cabalà, sostantivo derivato dal verbo ebraico lekabel, “ricevere”, significa letteralmente “ricevuta”. Anche il conto in un ristorante di Tel Aviv si chiama “cabalà”, ma nel nostro caso il significato più accreditato è quello di “tradizione”, cioè di una conoscenza ricevuta. C’è però un significato più esoterico della parola, quando si parla della Cabalà. I maestri cabalisti hanno piena consapevolezza dell’impossibilità di conoscere l’essenza del Creatore, quindi la divinità in sé, e dato questo presupposto ritengono di non poter esprimere i motivi divini della creazione. L’esistenza del mondo è un dato di fatto che è così perché deve essere così ed è giusto che sia così: esiste cioè una soglia oltre la quale le nostre domande perdono qualsiasi valenza e utilità. Ma la spinta che conduce l’essenza divina alla creazione del mondo, è chiamata dalla Cabalà “abbondanza”. La parola abbondanza definisce così, al meglio delle nostre possibilità di comprensione, i motivi divini della creazione, e potrebbe anche dirsi, ma sempre in ambito metaforico, l’essenza della divinità.

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L’abbondanza del Creatore non è però autoreferenziale e necessita quindi di un ambiente in cui esprimersi. Quell’ambiente è la creazione. La creazione viene così a configurarsi come uno “spazio vuoto” all’interno del corpo del Creatore (cfr. Isaac ben Solomon Ashkenazi Luria, L’albero della vita, 1), dove il Creatore crea le sue creature e le sostenta. La creazione è quindi un luogo in cui l’abbondanza del Creatore è mancante per definizione, ma nel contempo è un luogo complementare alla natura stessa del Creatore: non può esistere il Creatore senza la creazione, né la creazione senza il Creatore. L’abbondanza del Creatore ha altri nomi, i più comuni dei quali sono “luce” e “desiderio di dare”; la creazione, d’altra parte, in quanto spazio vuotato dall’abbondanza del Creatore, può essere definito come un luogo di carestia o, in termini più cabalistici, come kli (termine che non ha uguali in italiano, ma che ha valore sia di “luogo di ricezione” sia di “strumento di ricezione”) e come “desiderio di ricevere”. Ecco allora che l’intera creazione, in ogni suo momento ed espressione, non è altro che la forma di questo immenso desiderio di ricevere: ricevere ciò che le è stato tolto, quindi la luce o l’abbondanza del Creatore – in altri termini, il piacere della soddisfazione.

Ogni cosa che accade all’interno della creazione, secondo la Cabalà, ha l’unico scopo di dare soddisfazione alle creature. Le creature, dal loro canto, non fanno nulla che non abbia come scopo la ricerca del massimo piacere possibile, cioè della più completa soddisfazione della loro propria natura. È una semplificazione funzionale. E per capire forse un po’ meglio cosa intendono i cabalisti, si può fare un esempio informatico, poco romantico ma delucidatore. Alla base di tutta l’IT c’è una situazione elettronica di acceso/spento, rappresentata dalla numerazione binaria 1/0. Tutto ciò che segue fino ai più sofisticati software non è che espressione di combinazioni acceso/spento e 1/0, e così la creazione, che è l’espressione di innumerevoli, se non infinite, combinazioni di luce/kli ovvero desiderio di dare/desiderio di ricevere.

Gian Maria Turi

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