La fotografia come istante visionario: intervista a Sandra Quagliata
Fin da bambina appassionata di fotografia, Sandra Quagliata, classe 1985, originaria di Caltanissetta, è riuscita adesso a intraprendere la sua vocazione. Cura il suo blog personale dal 2008, studia giornalismo, fa parte dell’agenzia Neda Free Reports, ha partecipato a varie mostre e collabora con fotografi del calibro di Reza Daghati. Attualmente è impegnata, insieme a Santo Mangiameli, a far conoscere la mostra “Jeaux d’enfants” in giro per la Sicilia, mostra per la quale ha scritto anche alcune bellissime didascalie.
Quando hai deciso di avvicinarti alla fotografia?
In realtà non c’è stato un momento preciso, fin da piccola ho sempre avuto una macchinetta in mano, una di quelle che ti regalano per la prima comunione… facevo reportage casalinghi. Ma quando ho conosciuto più da vicino, più specificatamente, il fotogiornalismo, ho coniugato il mio grande interesse per il giornalismo, che studio all’Università, alla fotografia, è stata una sorprendente scoperta. Sono istanti visionari, quasi onirici, che s’intrecciano con il reale, è la fantasia di un attimo che scopre la sua applicazione, come una sorta di mito dell’eterno ritorno nietzschiano che afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta è priva di peso, morta in precedenza, e che il fardello più pesante che schiaccia al suolo è al tempo stesso il più intenso compimento vitale. Mentre, al contrario, l’assenza assoluta di fardello rende l’essere tanto libero quanto privo di significato. Direi, quindi, che è l’incontro con il fotogiornalismo, non soltanto con la fotografia.
Cosa significa essere una foto-scrittrice?
Non saprei, non mi definisco né fotografa né scrittrice ma faccio fotografie e scrivo. Ho iniziato con un blog, nel 2008, a poco a poco ho trovato corrispondenza tra parole e immagini, ciò che scrivevo lo ritrovavo nelle mie fotografie, l’istante della foto riusciva a contenere spesso parole che avevo già scritto. Ciò che poi mi ha stupita di più è che nello “Sguardo incantato”, progetto composto da fotografie di Santo Mangiameli e testi miei, ho trovato la stessa corrispondenza e complementarietà. Con lui ho condiviso un lavoro che non pensavo potesse contenere più di una persona.
Che ruolo hai all’interno dell’agenzia Neda Free Reports?
Sono nel consiglio direttivo, ma è semplicistico considerare questo il mio ruolo in quanto avviare un’agenzia richiede uno sforzo costante a reinventarsi sempre, così finisci per occuparti di un po’ di tutto, dalla grafica alla newsletter da curare, le locandine da affiggere e tutto il resto…
Chi sono i tuoi maestri nell’ambito fotografico e nell’ambito della scrittura?
Il primo maestro nella fotografia, docente dei corsi di fotogiornalismo all’Università, colui che ha creduto in me e che mi ha permesso di crederci a mia volta è innanzitutto Santo Mangiameli. Poi ci sono cataste di libri, riviste che sfoglio, leggo, sui padri del fotogiornalismo come Smith, Salgado, Bresson, ma anche McCurry, Capa, Letizia Battaglia…eppure le fotografie non le fanno soltanto i fotografi, con De Andrè nella testa ho scritto molto e fatto molte foto, ma anche Guccini, Claudio Lolli, De Gregori, e scrittori come Oriana Fallaci, la giornalista anarchica di “Un uomo” o de “Il sesso inutile”, non la donna che è poi diventata poco prima di morire…e Edgar Lee Master, Baudelaire, Hikmet, il teatro di Emma Dante e Kant, Nietzsche, le tragedie di Euripide, il cinema di Chaplin… ma anche scrittori, musicisti, giornalisti, fotografi poco conosciuti che fanno parte del sottosuolo cavernoso del web.
Cosa significa lavorare con un fotografo come Reza Daghati?
Reza è certamente una forte personalità che gravita attorno al progetto ma il lavoro vero lo si fa con i fotografi del progetto, i bambini di Librino e le loro famiglie.
Hai scelto come titolo per alcune tue foto “Nati per distacco, Made in China”. Perché proprio la comunità cinese?
In un paese in cui il razzismo sembra – per alcuni, non pochi purtroppo – tornato di moda, mi sono chiesta quale sia la condizione delle seconde generazioni. Made in China (sic) è solo un approfondimento di un progetto più ampio, che è Nati per distacco: made in…, che ambisce ad allargarsi a tutte le seconde generazioni, figlie dei migranti; è chiaramente una provocazione il titolo, abbiamo sempre molta ipocrita facilità nell’etichettare il prodotto della comunità cinese, di cui anche le grandi industrie si servono, eppure questo popolo, considerato “invasore” per essere arrivato in Italia con scopi principalmente economici, “produce” anche altri uomini che pur essendo italiani sono sempre considerati meno italiani di chi ha la pelle bianca. Credo che le seconde generazioni subiscano più dei genitori l’alienazione data da un governo e una società intolleranti, da un popolo con scarsa memoria che non molti anni fa migrava per le stesse ragioni, e che oggi continua a migrare per l’insoddisfazione data da anni di governi autoreferenziali e incapaci di mettersi al servizio del loro tempo… Mi sono messa nei loro panni, ricalcando la nostra storia, credo sia il modo migliore per capire e integrare l’altro.
Prima “Lo sguardo Incantato”, poi “Jeaux d’enfants”. Cosa hanno rappresentato per te queste due mostre?
Sono il primo reale contatto con il pubblico, un salto nel vuoto. E’ andata bene, meglio di quanto potessi immaginare, da queste mostre sono nate collaborazioni, tra cui quella importante con l’Unicef e con le Facoltà di Lettere e filosofia e Lingue dell’Università di Catania, con Tribe Art, Universitinforma, la partecipazione de “Lo sguardo incantato” ad Arte al Cubo 2010 e proposte di pubblicazioni tra cui una da una casa editrice internazionale di cui spero di poterne parlare concretamente più avanti.
Quali saranno le successive tappe del tuo lavoro?
“Jeux d’enfants” si ripropone in una nuova veste in più tappe siciliane, la prima sarà a Caltanissetta dal 10 al 13 marzo a Villa Barile. Inoltre inaugurerò, insieme a Santo Mangiameli, con la collaborazione di Tribe Art, Nati per distacco dall’1 al 14 aprile, presso la libreria Cavallotto, all’interno dell’ottava rassegna L’angolo dell’avventura.
Giuseppina Cuccia