Pubblicato il: 31 Marzo, 2009

La Rinascita di Ebla

conferenza-ebla_tomas-mascaliSi è tenuto al Coro di Notte del Monastero dei Benedettini un importante evento culturale che ha avuto per tema la scoperta dell’antica città di Ebla, in Siria, e dei suoi inestimabili reperti archeologici. A parlare, davanti a un pubblico modesto ma molto interessato, è stato l’esimio Paolo Matthiae, uno dei pochi archeologi della storia che, secondo le parole di La Rosa, può vantarsi di aver scoperto una città, di averle dato un nome, e di averle attribuito una lingua. Matthiae ha subito desiderato chiarire un punto fondamentale della figura dell’archeologo, che non è colui che guarda al passato, ma colui che guarda al futuro dal momento in cui si confronta con culture “altre”. Non è un mestiere facile, e stando alle sue parole un po’ ironiche e molto veritiere non è tanto difficile fare gli scavi, ma trovare i fondi per farlo. E questo specialmente per quanto riguarda l’archeologia orientale, branca che (a maggior ragione in un paese classicista come l’Italia) viene ingiustamente bistrattata e sottovalutata. Gli scavi in Siria sono iniziati nel 1964, ha iniziato a raccontare Matthiae, dopo la scoperta del sito da parte sua nel 1962. La città di Ebla ha attraversato tre periodi, ognuno interrotto da grandi eventi distruttivi di carattere militare: Ebla era infatti una città con ambizione imperialiste su tutta la Siria, e il suo sviluppo economico a metà del terzo millennio Avanti Cristo fu vertiginoso, ma non gli permise di resistere agli assalti di eserciti più possenti quali quello Ittita. La scoperta più importante è stata quella di un’ala del Palazzo Reale, in cui sono stati ritrovati oltre quattromila rotoli inscritti, di cui più di mille ancora perfettamente leggibili e da cui sono state ricavate importanti informazioni sulla città, nonché sui suoi rapporti diplomatici con altri centri siriani (risale a una di queste iscrizioni il primo trattato diplomatico della storia, con un accordo tra Ebla e un’altra città). Sullo schermo alle spalle del palco intanto scorrevano le immagini dei ritrovamenti, e particolarmente impressionanti erano quelle di certe statuine in oro e legno perfettamente conservate che ritraggono figure femminili e maschili probabilmente di stirpe regale. Immagini di principi e regine sono presenti anche scolpite su vari sigilli, e grazie ad essi è stato possibile trasportare molto indietro nel tempo una peculiarità dell’arte siriana, cioè quella di ritrarre i sovrani frontalmente e non lateralmente come era usanza ad esempio nella cultura egizia. Sarebbe davvero inutile tentare di descrivere le meraviglie che quelle foto catturavano, mura imponenti, templi interamente costruiti in mattoni di un rosso sgargiante, fortezze e vasi perfettamente conservati. Chiudiamo quindi con l’ultima riflessione che Matthiae ha lanciato: il bello della storia e dell’archeologia è proprio il confrontarsi con culture diverse. Parlare di “democrazia sumera”, ad esempio, come si suole fare, solo per assonanza con un concetto a noi familiare significa svilire totalmente millenni di storia: è la diversità la chiave di volta, non la somiglianza.

Tomas Mascali

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