Pubblicato il: 6 Febbraio, 2009

La social Card: l’elemosina serve a qualcosa?

social_cardIl ministro dell’economia Giulio Tremonti ha progettato la “social card'” cioè un bancomat prepagato dallo Stato che ogni mese ricaricherà di 40 euro per tutto l’anno 2009. Ciò per consentire agli aventi diritto di far la spesa ed ottenere tariffe agevolate sui contratti ENEL. Sono due le categorie che possono richiedere la carta: gli ultra 65enni con reddito inferiore a 6 mila euro e le famiglie con lo stesso reddito solo se, nel nucleo familiare, è presente un minore al di sotto dei 3 anni. Potrà essere utilizzata per effettuare i propri acquisti in tutti i negozi alimentari abilitati al circuito Mastercard. Il meccanismo della social card a regime costerà 450 milioni di euro l’anno e la carta sarà garantita a circa un milione e 300mila cittadini. Con 40 euro al mese dunque si è pensato quindi di risollevare le sorti della nostra povera Italia ”elemosinando” qualche soldo anziché offrendo vere opportunità per migliorare le condizioni di vita. Se un bambino al di sotto dei 3 anni costa in media 300 euro a famiglia tra vestiti, pannolini, cibo e spese mediche, a cosa possono mai servire 40 euro in un mese? Dopo simili “strategie economiche” c’è da chiedersi se coloro che hanno la facoltà di decidere le sorti degli italiani, hanno una benché minima idea di cosa significhi vivere in un paese dove regna il precariato, non si arriva alla fine del mese e la crescita demografica è in calo; ma questa è la loro risposta: 40 euro a carico dello stato. Dinnanzi alle polemiche suscitate da questo progetto, Berlusconi ha dichiarato che il suo governo è volto a favorire le fasce più deboli del paese; fasce che il precedente governo ha tartassato […]. Inutile chiedersi perché i fondi stanziati non sono stati utilizzati per non far scappare i nostri laureati all’estero, per creare delle condizioni tali affinchè una donna possa aver figli senza per questo rischiare il rinnovo del suo contratto o per migliorare la qualità della vita con le nostre potenzialità senza sentirci come dei pezzenti senza futuro chiedendo sempre soldi a ”mamma-stato”.

Caterina Tipa

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