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La speranza contro la paura

Obama sta dimostrando che, una volta conquistata la guida dello stato, l’idealismo non è in contrasto con una politica pragmatica e decisa. Il neo presidente degli Stati Uniti sta facendo seguire i fatti alle bellissime parole pronunciate nei suoi discorsi, che hanno emozionato persone di tutte le nazioni e fatto loro sperare in una società migliore per tutti. L’annunciata e tra breve operativa chiusura del carcere di Guantanamo, ha lanciato un forte segnale al mondo circa le intenzioni della nuova presidenza: abbandonare tutta una serie di metodi poco ortodossi e irrispettosi delle norme internazionali in materia di diritti umani e di detenzione di prigionieri, spesso scambiati in maniera tendenziosa per comportamenti dotati di realismo politico o dettati dalla suprema ragion di stato.

Il provvedimento sulle emissioni inquinanti delle automobili, teso ad una loro progressiva diminuzione e fortemente osteggiato dai giganti dell’industria, si configura come una decisione concreta, necessaria e trasparente, che non è in contraddizione con l’impegno a sostenere con ingenti capitali le agonizzanti industrie dell’automobile. Il diverso atteggiamento, infine, che il nuovo presidente americano sta mostrando nei confronti del mondo arabo e della Russia, segnala una reale disponibilità al dialogo su tutti i fronti e con tutti gli interlocutori, anche quelli tradizionalmente più difficili.

Se Obama andrà in Iran o a Mosca “con un ramoscello d’ulivo” e porrà le questioni sulla base di un discorso di ampio respiro ideale, nel quale ha dimostrato di credere fermamente e della cui buona fede non possiamo dubitare, allora per Putin/Medvedev e per il suo collega iraniano sarà difficile perseverare in una politica di ostilità perpetua e di chiusura preconcetta nei confronti degli Stati Uniti.

Insomma, le elezioni americane ci hanno restituito la ricchezza più importante, che l’uomo occidentale sembrava aver quasi smarrito completamente, la speranza. Speranza di riuscire a migliorare la nostra società, di vedere una distribuzione più equa delle ricchezze, di diminuire il più possibile la diffidenza verso i “diversi” di ogni tipo e di dare voce a chi non ne ha mai avuta.

In Italia la vittoria di Obama è stata sottolineata con entusiasmo dai giornali e dalla televisione, ma a questo non si è accompagnata una reale condivisione, da parte dei politici e dei “creatori d’opinione”, dei principi meravigliosi che muovono il nuovo presidente americano e gli danno forza per affrontare il difficile cammino che ha di fronte. Le affermazioni poco serie e fortemente strumentalizzanti di una parte dei nostri amministratori, di fronte ai tragici fatti di violenza sulle donne avvenuti in questi mesi, dimostrano una tendenza opposta a quella americana: fomentare a scopi politici la paura della popolazione nei confronti del fenomeno migratorio, dando un’idea distorta della realtà e utilizzando due pesi e due misure a seconda della nazionalità di chi commette il reato.

La colpa della deriva qualunquista e d’intolleranza presente in Italia non è solo la conseguenza nefasta dei discorsi e delle azioni dei nostri politici, ma è anche il frutto di un’indifferenza diffusa e colpevole dell’uomo della strada nei confronti dei soprusi commessi contro i più deboli. Non ci resta che sperare che, sull’onda del rinnovamento americano, qualcosa cambi in meglio anche nel nostro agonizzante paese.

Celentano Pierfrancesco