Lega pro e dilettantismo vicini al collasso
La deriva del calcio italiano è arrivata a un punto di non ritorno, fino a toccare con mano ormai il crepuscolo del suo lento declino. A restare spacciato da questa situazione non può che essere, almeno inizialmente, il calcio minore, quello di terza serie insieme a quello dilettantistico. Il rischio maggiore, attualmente, è provocare un disincanto in chi, nel calcio, ha investito emozioni, in chi del calcio fa la propria passione: il disincanto porta all’indifferenza, giustamente etichettato come il peggiore tra tutti i mali. Il calcio ormai è cambiato: certo continuerà a regalare emozioni, ma le vicende che lo accompagnano lo espongono a un pubblico ludibrio eccessivo. Divieti, fallimenti, tessere del tifoso, non fanno altro che accentuare questa situazione, soprattutto perché imposte senza nessuna ricerca del dialogo, in barba alla concertazione che la classe dirigente pare voler applicare solo a chiacchiere. I tifosi si allontanano dal calcio e di conseguenza di imprenditori disposti ad investire non se ne vedono neanche in lontananza. Ed ecco che si arriva ai fallimenti di società prestigiose, si lamentano stipendi non pagati, società messe in mora, squadre che rifiutano di scendere in campo. Questo è il panorama visibile in Lega Pro; di questo non se ne parla perché la cassa di risonanza è molto ristretta, ma non si riesce a capire che la metastasi potrebbe estendersi presto. L’incanto è finito, l’indifferenza fa male: manca veramente poco per trasformare una categoria in un inferno. Tutti vorrebbero andarsene, tutti hanno l’ambizione della promozione, ma quasi nessuno ha la potenzialità economica per affrontare questo discorso. Nessuno si preoccupa di trovare soluzioni, di proporre nuove riforme quanto mai necessarie. Lo scorso anno sei società storiche sono scomparse dal panorama calcistico nazionale: Avellino, Pisa, Treviso, Sanbenedettese, Venezia e Pistoiese. Quest’anno è già arrivato il fallimento del Perugia, e altre sono lì pronte a seguirlo: su tutte Alessandria, Cavese e Lumezzane.
Massimiliano Mogavero