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Legge 194: una conquista democratica da difendere

E’ un tema tornato alla ribalta dello scenario politico e sociale nazionale in questo inizio 2008. La legge 194, sebbene approvata nel lontano 1978, fa ancora discutere. Ma partiamo dall’inizio. La polemica è scoppiata negli ultimi giorni del 2007, quando dalle pagine del suo giornale Giuliano Ferrara ha proposto una moratoria contro l’interruzione volontaria della gravidanza. Immediatamente sostenuta dalle autorità ecclesiastiche – il presidente della Cei Bagnasco l’ha definita “lodevole” – l’iniziativa ha trovato terreno fertile in sede istituzionale, mostrando rigurgiti clericali e conservatori nei partiti politici. L’attacco alla 194 è una grave minaccia a libertà e diritti conquistati con anni di lotte sociali e civili, spesso pagate a caro prezzo. E’ bene analizzare le radici della legge e gli effetti della sua applicazione, liberandoci da pregiudizi ideologico-religiosi.

Fino al 1975 in Italia la pratica dell’aborto era ancora illegale, tra gli ultimi paesi europei a considerarlo reato. Le donne italiane, svantaggiate da una legislazione restrittiva sulla contraccezione, si affidavano spesso all’aborto clandestino, con elevato rischio per la propria vita. Le contestazioni di movimenti politici e femministi ottennero una importante vittoria nel 1975, quando una sentenza della Corte Costituzionale stabiliva la differenza tra embrione ed essere umano e la prevalenza della salute della madre rispetto al nascituro. Il 22 maggio 1978 fu varata la legge 194 che permette alla donna di ricorrere all’interruzione di gravidanza nei primi 90 giorni di gestazione (durante il quarto e il quinto mese è permessa solo per motivi di salute). Il referendum, fortemente voluto dai movimenti cattolici, confermò la legge a larga maggioranza.

Oggi la pratica dell’interruzione della gravidanza è autorizzata in quasi tutto il mondo, perfino in paesi di stampo maschilista e conservatore (anche se con sostanziali differenze nell’ammissibilità delle motivazioni) come Iran e Turchia, e in paesi arretrati economicamente e socialmente (paesi dell’Est europeo e dell’Africa hanno una legislazione notevolmente avanzata rispetto all’Occidente “liberale”).

L’attuazione della legge 194 ha sconfitto la piaga dell’aborto clandestino. Inoltre il ricorso all’interruzione della gravidanza ha subito una costante riduzione (45% in meno dal 1982 ad oggi). Questa è la conferma che il ricorso all’aborto, grazie alla diffusione delle pratiche contraccettive, avviene in ultima istanza. Una risoluzione del Parlamento Europeo, datata 3 luglio 2002, raccomanda agli stati membri che “al fine di salvaguardare la salute e i diritti riproduttivi femminili, l’aborto debba essere legale, sicuro e accessibile a tutti”. La salvaguardia della legge 194 deve essere quindi una fondamentale prerogativa per le istituzioni democratiche del nostro Paese e una sua eventuale “modernizzazione” può coincidere solo con una ulteriore liberalizzazione.

Fabio Migliore