Pubblicato il: 26 Maggio, 2009

Lettera al Presidente Napolitano

napolitano1Pubblichiamo qui di seguito il discorso di saluto da parte del Direttore Scientifico della Fondazione Sciascia, Antonio Di Grado,  al Presidente Napolitano in visita a Racalmuto Domenica  24 maggio  in occasione dei vent’anni dalla scomparsa dello scrittore :

“Signor Presidente,

la Fondazione intitolata a Leonardo Sciascia, e da lui stesso voluta per promuovere gli studi storici e letterari, il confronto intellettuale e civile e soprattutto la Memoria, saluta in Lei il Presidente degli Italiani, che della memoria storica e dei valori di libertà e di giustizia su cui si fonda la coscienza del Paese è il depositario, il vigile e appassionato custode, il supremo garante. La Sua visita, Signor Presidente, avviene a vent’anni dalla scomparsa del grande scrittore racalmutese, in occasione dunque di un anniversario che vorremmo costringesse il Paese, i suoi intellettuali, il suo ceto politico a fare finalmente i conti con il suo scomodo magistero, con le sue congetture e le sue provocazioni, con la sua lezione di moralità e di stile. In quegli animati dibattiti, nel fervore intellettuale che accompagnò la rinascita e il perfezionamento della democrazia dalle macerie della guerra che devastò l’Europa a quelle del Muro che la divise, figure come quella di Sciascia e la Sua, Signor Presidente – non a caso appartenenti alla stessa generazione, quella dei giganti sulle cui spalle cerchiamo come nani di arrampicarci – furono protagonisti nel consenso e nel dissenso, e comunque sempre nella stessa trincea in cui si lottava per il bene comune, per l’impegno civile, per lo smascheramento delle imposture e il trionfo della verità e della giustizia. Vent’anni: pochi quando le generazioni si avvicendavano lentamente, e si assomigliavano perché si trasmettevano conoscenza e memorie. Tantissimo, oggi; un abisso invalicabile e vuoto, ora che ogni generazione cancella la precedente, azzera la memoria. Trionfa, oggi, un eterno presente immemore e omologato, scandito solo da mode effimere e intercambiabili e dal vaniloquio televisivo; e sono scomparse figure come Sciascia, Pasolini, Calvino, Moravia, con le loro opere che erano necessarie perché aggiungevano sempre qualcosa, un nodo problematico o un dubbio perturbante, o un punto di vista inedito e imprevedibile. Non solo: con loro, rischia di scomparire la figura stessa dell’intellettuale, di chi interviene coraggiosamente, liberamente, anche a costo di sbagliare, comunque osando, per proporre verità conculcate o rimosse, per svelare scenari occulti della realtà o della coscienza, per smascherare le imposture del Potere e dei suoi aedi. Certo la Fondazione Sciascia non ha la funzione, né le qualità, per colmare quel vuoto, per surrogare quelle assenze, per intervenire come avrebbe fatto il Nostro sui grandi temi o sulla cronaca. Può proporsi, più umilmente – e sciascianamente – come “teatro della memoria”, come archivio da consultare e osservare (è questo il caso della magnifica collezione di ritratti di scrittori donata dallo stesso Sciascia), come luogo di studio e di confronto, di convegni, rassegne, mostre, dibattiti, pubblicazioni che in vent’anni di attività hanno tentato di percorrere le numerose piste aperte dall’opera del narratore e del saggista. È questa, Signor Presidente, la Fondazione che oggi con orgoglio e ammirazione La ospita, nel ricordo e nel nome di Sciascia che scrisse – e par che dica di noi qui oggi -: «Il nome di uno scrittore, il titolo di un libro, possono a volte, e per alcuni, suonare come quello di una patria».

Antonio Di Grado

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