Ma sono mille papaveri rossi anche dieci anni dopo
Ho conosciuto Fabrizio De Andrè a casa mia, i miei genitori lo ascoltano. Allora ero troppo piccola o semplicemente ineducata musicalmente, come tutti ; cosi quasi mi disturbava quella voce melodiosa, vellutata e pulita. Una voce calda che appassiona e che mormora storie di poveri, di semplici, di sconfitti, di esclusi. I miei genitori andarono ad uno dei suoi ultimi concerti e io rifiutai il loro invito quasi distrattamente. I rimorsi mi assillano ancora. Poi un giorno quasi per caso ho aperto il cuore e la mente, ma soprattutto … l’orecchio! La canzone di Piero si è fatta strada dentro di me e da quel momento ho ascoltato decine e decine di volte le sue canzoni. Canzoni che fanno sognare, che ci trasportano dentro storie indimenticabili che con semplicità ci avvicinano ad una instancabile ricerca di autenticità, ad una intelligente lotta contro alienazioni e ipocrisie. I protagonisti di queste canzoni sono i disprezzati, gli illusi, i perdenti, insomma il letame da cui possono nascere dei fiori puliti e belli. Certa musica non si trova nelle stazioni radiofoniche, salvo qualche eccezione notturna o anomala, ma per chi sente montare all’improvviso un senso di insoddisfazione e di vuoto mentre ascolta le note ripetitive e piatte di una canzone piena di banali e sciupate parole, la ricerca può andare oltre il disperato pigiare sulla tastiera dell’autoradio …
Ma proprio in questi giorni appena trascorsi, ben trecento stazioni radiofoniche italiane (tra cui radio zammù) trasmettevano una canzone di Fabrizio De Andrè, Amore che vieni amore che vai. Si, perché sono passati dieci anni dalla sua morte e su Rai tre a Che tempo che fa, diretto da Fabio Fazio, hanno letteralmente festeggiato l’artista, il poeta, l’uomo che era Fabrizio De Andrè. Moltissimi cantanti italiani (Franco Battiato, Edoardo Bennato, Jovanotti, Piero Pelù, Andrea Bocelli, Samuele Bersani, Eugenio Finardi e tanti altri) e compositori tra cui Nicola Piovani e altre personalità, hanno ricordato con affettuosa cura, questo pilastro della musica italiana, anzi, della musica italiana d’autore. Veloce, impeccabile ed emozionante, la trasmissione è riuscita a far rivivere la persona stessa di De Andrè, attraverso la lettura e la visione di suoi scritti privati e occasionali, attraverso la scoperta delle sue letture e del suo intimo rapporto con i libri e soprattutto sensibilizzando ogni resoconto e ogni citazione. Faceva tesoro di ogni esperienza e di ogni persona che incontrava nel suo cammino, ma soprattutto faceva tesoro della poesia. Prendeva spunto dai libri che leggeva ed elaborava e creava senza sosta pura poesia, pura libertà di espressione. Senza compromessi, senza chiasso e senza influenze mondane, De Andrè ha sviluppato e cambiato se stesso e la sua musica sempre in piena libertà e senza vergogna. Nelle sue canzoni non c’è artificio, non c’è finzione, non c’è trucco. C’è la verità autentica, nuda e cruda che si mostra senza dissimulazione. Ecco allora l’immortalità dell’uomo. La poesia. Fabrizio De Andrè vive ancora nella sua musica, nelle sue canzoni e sono sicura che nonostante il mondo, nonostante la moda, nonostante le numerose malattie della società, ci siano ancora tante anime desiderose di ascoltare la Musica.
Elena Minissale