Matrimonio gay: decide la Corte Costituzionale
Sabato 20 Marzo alcuni giovani hanno animato un tratto della via Etnea con volantini e slogan: “Matrimonio gay – La parola alla Corte Costituzionale”. L’iniziativa è il frutto della campagna di “Affermazione civile” lanciata circa due anni fa dall’Associazione radicale “Certi diritti” e “Rete Lenford”, un gruppo di avvocati che si occupa di diritti Lgbt. In varie città italiane, circa trenta coppie omosessuali, dopo essersi visti rigettare le pubblicazioni per sposarsi, hanno impugnato il rifiuto, rivolgendosi agli avvocati della Rete Lenford. In seguito, alcuni tribunali, hanno trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale che, il 23 Marzo, si pronuncerà sulla legittimità del rifiuto da parte del personale degli uffici pubblici di sposare due persone dello stesso sesso. La decisione potrebbe porre fine a quella che è sentita come una discriminazione e diventerebbe un precedente di enorme importanza, almeno in Italia, visto che in altri paesi europei, questo diritto è già stato riconosciuto ai cittadini omosessuali. In particolare al vaglio è l’articolo 29 della Costituzione che non parla, al contrario di quanto si crede, di legame tra uomo e donna, ma di “coniugi” e definisce la famiglia “società naturale fondata sul matrimonio”. Di certo l’attesa decisione della Consulta non è piaciuta ai politici e alla Chiesa tanto da passare in sordina nella maggior parte dei mass media. I giochi sono ancora aperti, e tuttavia, anche se la Corte Costituzionale dovesse dichiarare la legittimità del rifiuto, la palla passerebbe alla Corte Europea dei Diritti Umani. E lì, essendo meno forte l’influsso di Roma, si giocherebbe una partita tutta da vedere.
Giuseppina Cuccia