Pubblicato il: 12 Maggio, 2008

Memoria e verità

Festa della LiberazioneLe celebrazioni per il 25 aprile, festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, hanno portato nuovamente alla luce le lacerazioni della società italiana, tuttora orfana di una memoria condivisa sulla sua storia.

Abbiamo assistito, ancora una volta, al tentativo scandaloso di riscrivere la storia a seconda delle proprie tendenze politiche. Pur sottolineando che anche la sinistra non ha niente da insegnare in fatto di memoria e verità, data la scandalosa e indubbia occultazione da parte di alcuni suoi membri degli orrori dei regimi comunisti e dello stalinismo, non possiamo fare a meno di notare che l’attacco alla verità in merito alle vicende italiane della seconda guerra mondiale venga quasi esclusivamente da destra. Come si può equiparare chi ha combattuto per la libertà a chi ha lottato per distruggerla? Come è possibile mettere sullo stesso piano i partigiani e i militanti della Repubblica di Salò? Come si può non sottolineare con forza l’abominio delle leggi razziali e dell’ideologia fascista?

E’ penoso vedere come il popolo italiano non sappia o non voglia ancora sapere come sono andate davvero le cose in quel terribile ventennio fascista. La colpa di questo stato di cose è da suddividere tra vari settori della società, ma i principali responsabili sono sicuramente alcuni nostri politici, che sventolano la minaccia comunista e riscrivono la storia, chiedendo degni riconoscimenti per i giovani di Salò. E’ vero, la situazione italiana dal ’43 al ’45 era molto difficile; gli italiani dopo l’armistizio dell’8 settembre hanno dovuto fare una scelta improvvisa, drastica e inaspettata.

Molti non avevano chiare idee politiche e, ad eccezione dei comunisti i quali sapevano benissimo quali fossero i loro nemici, non sapevano con certezza da quale parte schierarsi. Per alcuni combattere al fianco degli Americani contro i connazionali fascisti era visto come un tradimento della bandiera, per altri ciò significò invece lottare per la libertà e per la dignità di tutti gli uomini. Verso i primi, se siamo realmente antifascisti, dobbiamo essere tolleranti, ma certo essi non sono degni della nostra stima. Ma solo ai secondi deve andare la nostra profonda riconoscenza; a loro è dedicato il 25 aprile. Molti sono periti in battaglia o sono finiti nei lager di Hitler; per loro la minaccia in caso di sconfitta o nel caso venissero scoperti era molto più grande di quella dei giovani di Salò, che potevano anche subire un “giusto processo” dagli Alleati e magari veder salva la loro vita e sacrificata “solo” la loro libertà.

Ma molti combatterono al fianco di Hitler e della Repubblica di Salò non perché vittime della propaganda fascista o perché incapaci di fare la scelta giusta in una situazione così difficile, ma perché realmente affascinati o persino convintamene seguaci dell’ideologia nazifascista.
In Italia di questi ultimi non si parla praticamente più; la loro storia è caduta nell’oblio e anzi da più parti si cerca di riabilitarla; qualcuno parla addirittura dell’opportunità di riscrivere i testi scolastici, colpevoli di non dare giusta enfasi al loro sacrificio. Di fronte a tali tentativi dovremmo reagire con indignazione e fermezza, mentre vediamo che le reazioni non ci sono o addirittura queste “acrobazie dialettiche sulla nostra storia” trovano pareri favorevoli.

A onor del vero dobbiamo dire che il problema della memoria e dell’assenza di una verità condivisa è ben presente anche in altri paesi, pressoché in tutti. La Germania ha atteso decine di anni per fare i conti col nazismo, la Francia stenta ancora a riconoscere l’orrore del proprio passato coloniale, gli Stati Uniti sembrano essersi dimenticati che per dare vita al “paese della libertà” hanno sterminato un’intera popolazione, gli Indiani. Che la parola vada dunque agli storici, che ricercano non una conferma alle loro opinioni o una scusa alle nefandezze dei loro padri, ma la verità, senza la quale la democrazia è una bottiglia vuota e la giustizia un’utopia.

Pierfrancesco Celentano

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