Nicolai Lilin: l’anima ridotta in macerie
Si è svolto lo scorso 10 Settembre alla libreria Tertulia di Catania l’incontro con lo scrittore Nicolai Lilin. Classe 1980, discendente dall’estinta stirpe siberiana degli Urka, Lilin è passato attraverso l’annichilente esperienza della guerra combattendo durante il secondo conflitto in Cecenia nel corpo dei sabotatori. Giunto in Italia nel 2003, ha scritto nel 2009 il suo primo romanzo Educazione siberiana in lingua italiana, riscuotendo l’interesse generale: il regista Gabriele Salvatores sta lavorando ad una trasposizione cinematografica e Roberto Saviano ha scritto un’entusiasta recensione.
Lo scorso Aprile è uscito il suo secondo romanzo, Caduta libera; a presentarlo, Agnese Amaduri (Università di Catania), che ha sottolineato le difficoltà del cimentarsi nel genere autobiografico, con la trasfigurazione mnemonica sempre in agguato e la confusione tra persona e personaggio nell’interpretazione del lettore. Caduta libera racconta l’esperienza del microcosmo anomalo, il corpo dei sabotatori, nel quale viene catapultato Lilin e sulla sensazione, condivisa da tutti i soldati, di essere manovrati da un sistema estraneo e non ben comprensibile: non vi è stata da parte loro nessuna partecipazione ideologica al conflitto. Dietro l’input delle domande rivolte da Andrea Lodato (La Sicilia) e dal pubblico, Lilin ha poi rivelato una personalità amaramente ironica, un’intelligenza sottile, una profonda umiltà, insieme ad una forte sensibilità e ad una convinta passione per la cultura. Ha raccontato di essersi avvicinato alla letteratura con “Il maestro e Margherita” di Bulgakov, di aver letto la Divina Commedia per la prima volta in un’edizione russa appositamente tradotta (e sconvolta) dal regime e di amare profondamente Dante e la sua lingua. Su Saviano ha poi aggiunto: «È una persona onesta ed è nostro compito sostenere l’informazione che lui veicola e prenderlo come esempio per condurre le nostre piccole battaglie». Lilin spiega di non aver scritto i suoi libri a scopo catartico, ma per comunicare la propria esperienza. E si rifiuta di spiegare il significato dei numerosi tatuaggi che porta sul corpo, sulle mani, sulle dita, promemoria indelebile del passato.
I romanzi di Lilin, lungi dall’essere una “bibbia della criminalità” e dal dispensare giudizi di tipo morale, offrono un importante contributo alla letteratura di guerra e richiamano l’attenzione sulla guerra in Cecenia, uno dei tanti conflitti-fantasma snobbati dall’attenzione dei media.
Ornella Balsamo