Pubblicato il: 23 Giugno, 2010

Noi, come le ‘iene’

Il titolo potrebbe lasciare spazio a varie interpretazioni, tuttavia rassicuro i lettori sul fatto che Lo Schiaffo non vive al momento alcuna crisi d’identità, piuttosto si chiede su cosa dovrebbe elaborare l’editoriale di questo mese. Quale, tra gli infiniti argomenti, dovrebbe essere trattato in un momento di ampia incertezza, instabilità e velleità di propositi? Dovrebbe oggi avere priorità un’opinione sulla legge ‘bavaglio’ (spietato verdetto contro la libera Informazione) in Italia, o una denuncia contro il disastro ambientale che non ha conosciuto eguali nella storia degli scempi ecologici operati dal petrolio?

A cosa si dovrebbe attribuire un carattere di urgenza? All’assenza di lavoro in Italia (così come in altri Paesi europei) alimentata da licenziamenti, tagli, casse integrazioni, scadenze di contratti senza proroghe, o alle centinaia di casi di pedofilia verificatisi nella struttura ecclesiastica (non proprio e non solo) negli ultimi anni?

E avrebbe carattere di minor immanenza scrivere, invece, di altri disastri che si sono abbattuti sulla Scuola e sull’Università con effetto boomerang a lungo termine? Disastri operati da una riforma distruttiva, incapace di far scomparire ‘privilegi’ e predilezioni (frequenti ed attuali criteri selettivi)?

Una riforma che non tiene conto del fatto che è proprio nei momenti di carestie e difficoltà che la famiglia si restringe e conta con avidità e cinismo le razioni di cibo, lasciando fuori dalla porta chi non rientra tra figli, nipoti, fratelli o soggetti ben voluti.

Una riforma che non è in grado di rivendicare il famigerato mito del merito, o quello della vocazione, ma che alimenterà solo la formazione di futuri intellettuali che verranno valutati in base all’accumulo di punti grazie a corsi umilianti e osceni, al mero peso del portafoglio e/o al cognome loro o di chi li supporta.

E avrebbe inoltre carattere puerile, in mezzo a tante matasse ingarbugliate, il tema dell’Unificazione in un momento in cui, sia al Nord che al Sud, la Storia d’Italia rappresenta per alcuni solo una data da cancellare il prima possibile, mentre occupano sempre più spazio progetti di realtà invisibili, come quelle legate ad una ridicola  Padania e ad una involuta Sicilia autonoma?

Ardua impresa risulterebbe, quindi, scrivere un editoriale fondato su uno di questi argomenti, ma più che ardua l’impresa apparirebbe estremamente riduttiva.

Inoltre: chi dovrebbe e potrebbe rappresentare questo editoriale? Lo Schiaffo prima di tutto, certo, ma come potenziale riflesso di una parte (minima o ampia, forse insignificante, ma esistente) di italiani.

Qualunque sarà la scelta operata il motto della speranza, come ultima virtù destinata a morire, danzerà vivacemente sulle perplessità di ciascuno di noi e ci inviterà a sorridere sempre e malgrado tutto.

Del resto, il mondo potrebbe persino andare in frantumi gradualmente, noi saremo qui, a mostrare questa smorfia del viso che, ormai, più o meno con ‘subdolità’, sta diventando l’effetto naturale dell’imposizione di una classe dirigente che mostra l’ambiguo ghigno delle iene, in mezzo al verde silenzioso dei salici piangenti.

Sabina Corsaro

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