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Oltre la crisi: ELMEC POWER

Nel 2004 c’era un’azienda con 300 dipendenti che produceva apparecchiature per la distribuzione d’energia, esportandole in tutto il mondo. L’anno successivo, fu rilevata dall’imprenditore Andrea Maglia e, in poche settimane, avvennero cinque passaggi di proprietà. Allora “Elmec spa”, ditta catanese ormai al collasso, fu dichiarata fallita. Oggi i titolari del gruppo Maglia sono stati rinviati a giudizio per bancarotta fraudolenta. A costituirsi parte civile nel processo troviamo trenta dei loro ex dipendenti: sono parte dei cinquantacinque metalmeccanici rimasti alla “Elmec”. Per tre anni non hanno mai mollato, fino a costituire una nuova società, impiegando i fondi delle procedure di Mobilità. Il curatore fallimentare dell’azienda ha riconosciuto la validità della loro offerta. Così, sulle ceneri di “Elmec srl”, è nata “Elmec power”.

Abbiamo incontrato i lavoratori all’interno dello stabilimento, in località Piano Tavola nei pressi di Belpasso. Stanno organizzando il sito e progettando il futuro, in attesa di riavviare l’impresa. Ne sono soci paritari, e “collettivamente” li abbiamo voluti sentire.

Che cosa manca per riprendere le attività?

Per riavviare la produzione, dobbiamo necessariamente riqualificarci. Dopo, potremo ricominciare a soddisfare i committenti, in primo luogo l’Enel, che da sola assorbiva il 90% della nostra offerta. Nel frattempo, dobbiamo anche riorganizzarci: per quasi tre anni l’azienda è stata chiusa e bisogna adeguare lo stabilimento alle nuove norme sulla sicurezza degli impianti.

Con quali produzioni pensate di ripartire?

Ripartiremo innanzitutto da prodotti MT e BT (media tensione e bassa tensione, N.d.R.), per i quali abbiamo sempre ricoperto un ruolo di rilievo sui mercati. Il nostro obiettivo è, però, quello di diversificare l’offerta, puntando su produzioni alternative: pensiamo, in primo luogo, al fotovoltaico. E’ lì che si gioca il futuro.

Su quale scala commerciale opererà “Elmec power”?

Con l’Enel abbiamo già ricostruito un rapporto e certamente tornerà a essere il nostro primo committente. Per il resto guardiamo all’estero, dove abbiamo riavviato i contatti con alcune importanti realtà. Pensiamo e speriamo di poterli estendere.

Quale sarà la struttura societaria di cui vi doterete?

Siamo riusciti a organizzarci in modo tale da avere un organigramma completo. Si parte da un’assemblea, che qui è sovrana, per giungere al Cda, all’amministratore delegato, e alla dirigenza, strutturata su tutti i livelli. Abbiamo costituito una holding che si chiama“Elmec power S.r.l.” e una cooperativa che si chiama “Elmec società cooperativa”. All’interno di quest’ultima, tutti i lavoratori sono soci alla pari.

Qual è la situazione finanziaria?

Abbiamo acquisito l’azienda per seicentomila euro. Ci sono ancora debiti con alcune banche. Disponiamo comunque della liquidità necessaria per inserirci sul mercato. Stiamo anche lavorando per ottenere nuovi prestiti. Pensiamo di saldare i debiti non appena l’azienda sarà a regime.

Qual è il livello d’interesse commerciale per la vostra nuova società?

Alto. Nel momento peggiore, abbiamo scritto all’Enel per chiedere la disponibilità a riqualificarci. Dopo appena nove giorni, è arrivata una lettera di risposta che abbiamo esibito ai tavoli istituzionali: s’impegnava a mettere a disposizione il personale necessario. In effetti, Enel ha puntato su di noi. Abbiamo contatti e, in prospettiva, avremo rapporti con Siemens, ABB e ACEA.

Pensate che “Elmec power” possa essere un modello per il rilancio delle industrie siciliane in crisi?

Certamente per la piccola e media impresa. Due anni e otto mesi di occupazione, del resto, ci hanno richiesto abnegazione. Molti ci dicevano che ormai era finita, ci consigliavano la resa. Abbiamo avuto fiducia e un certo tasso di utopia. Per noi è stata importante la famiglia Anastasi (i proprietari fino al 1999, N.d.R.). Ci ha aiutato a mettere a fuoco i nostri progetti.  Anche grazie a loro, ce l’abbiamo fatta.

Enrico Sciuto