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Pino Maniaci aggredito dal figlio di un boss mafioso

Nonostante l’occhio pesto va in onda ed impavido prosegue per la strada della legalità.

In Sicilia si dice sempre che “chi si fa i fatti suoi, campa cent’anni“: e Pino Maniaci, direttore ed emblema dell’emittente televisiva partinicese Telejato, è uno che parla troppo per i gusti del don o del “mafiosetto in erba”, erede della famiglia che crede ancora di governare il paese. Da anni l’intraprendente e agguerrito giornalista non si fa scrupoli a denunciare fatti e misfatti di mafia, politica e inquinamento. Nel proprio tg, che copre l’intero comprensorio di Partinico (provincia di Palermo) sono fatti nomi e cognomi di boss e mafiosi vari che nessuno ha mai offeso, che raccolgono ancora oggi l’inchino di una parte della cittadina, omertosa, asservita, incatenata. Pino parla troppo: lo sanno tutti, ma “prima o poi lo faranno zittire” pensano anche. Ed infatti le minacce in questi anni di lotta alla mafia non sono mancate, dagli specchi frantumati alle gomme tagliate, oltre alle innumerevoli chiamate e lettere anonime. Per non parlare delle ormai 270 querele che ha ricevuto, la maggior parte delle quali dalla distilleria Bertolino (la più grande in Europa, che si trova in pieno centro urbano), contro cui porta avanti una dura battaglia mediatica-ambientale.

Adesso è arrivata anche l’aggressione. Bloccato all’interno della sua macchina, il giornalista è stato preso a calci e pugni in pieno centro città da due persone, uno dei quali era proprio il figlio (ancora minorenne) del boss Vito Vitale, personaggio di spicco del mandamento di Partinico negli anni 90. Michele Vitale è attualmente libero, “friscu e pittinatu“, come molti altri. Gli agenti di polizia, dopo aver dovuto attendere diversi minuti prima che la porta venisse aperta loro, l’hanno trovato con una gamba ingessata (una finzione per ricevere i soldi dell’assicurazione: due medici sono stati denunciati!) e collare al collo nella messa in scena dei postumi di un incidente, realmente accaduto, ma dal quale si era completamente ripreso già da qualche giorno. Sebbene il giornalista lo abbia riconosciuto e denunciato, non si trovano ancora testimoni. Come al solito, tutti sanno, molti hanno visto, ma nessuno parla. I dipendenti di un autolavaggio, situato a pochi metri dal luogo dell’aggressione, dicono di non aver visto nulla. Sono proprio loro, ma non solo, l’emblema dell’omertà siciliana.

Con un occhio pesto e lividi vari la gente se l’è ritrovato sullo schermo televisivo. “Andiamo avanti” afferma il giornalista, impavido nell’intenzione di percorrere la strada buia che ha consapevolmente intrapreso. Tutti lo fermano, lo salutano, lo criticano talvolta per i suoi toni, ma lo ringraziano. Ha anche tanti nemici: gente omertosa, mafiosi, politici criticati, giornalisti invidiosi del suo successo. Ma in fondo sono poi tutti sintonizzati su Telejato all’ora di pranzo. Ma nella manifestazione di solidarietà organizzata la sera successiva all’aggressione dal locale circolo di Legambiente, la città non c’era. Qualche giovane, qualche amico vero, gente di fuori città e soprattutto molti e troppi politici, spinti dalla possibilità di far passerella, di mettersi in mostra in odor d’elezioni. Tra questi anche un ormai ex deputato nazionale dell’MPA, il quale – gira voce – ambisca adesso alla comoda poltrona di sindaco di Partinico. Sale sul palco, testa alta, lineamenti a metà tra dispiaciuti e arrabbiati. Esprime la propria solidarietà, sputa fango su chi ha compiuto il gesto.

Forse però ha dimenticato di aver sfrattato il giornalista qualche anno prima dai propri locali, in cui erano stati situati gli studi dell’emittente. In periodo elettorale, pensava di poter fare di quella televisione, a cui aveva fornito i locali, quindi a suo parer in dovere di riconoscenza, la propria locandina politica. Voleva essere elogiato, pubblicizzato, non attaccato, come la tv è abituata a fare per quei politici, che nella loro retorica sembrano predicare tanto bene, ma razzolano veramente male. Telejato nel giro di poche ore si trasferì in altro luogo, con tutti i problemi che ne derivarono, purché cosciente di non aver calato la testa di fronte a queste “implicite minacce“. Molti altri, sicuramente non tutti, hanno fatto la propria sfilata sul palco: parlavano davanti a tanta gente realmente dispiaciuta, solidarizzavano ma dentro chissà cosa pensavano, probabilmente in mente loro v’era scritto “forse adesso la smetterà di sputtanare tutte le nostre malefatte“! Ed invece no: il lupo perde il pelo, ma non il vizio. In questo caso, il vizio è gradito.

Gianluca Ricupati