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Pitrè, Amari e la Storia

Esiste un carteggio, costituito di 37 lettere, tra il giovane  Giuseppe Pitrè e l’ illustre storico Michele Amari, che copre  un arco di tempo che si estende dal 1863 al 1882.

La corrispondenza, ricca di argomenti, è  incentrata su un rapporto di stima e schiettezza e sull’intento di Pitré di volersi avvicinare all’emerito storico nelle veci di estimatore  e di giovane studioso interessato a ricevere consigli e indicazioni preziose da chi, da tempo, rappresenta un’stituzione negli studi  di natura storica.

Il rapporto tra  Amari e Pitré sembra aver avuto inizio con l’omaggio da parte del giovane demologo all’emerito storico di una delle sue prime pubblicazioni, dono al quale lo Storico rispose con una lettera di ringraziamenti e incoraggiamenti  a proseguire negli studi in campo etnografico.

Da lì ha inizio un cospicuo scambio di lettere, in cui spesso Pitrè fa riferimenti alle sue pubblicazioni allo scopo di ottenere attenzione, conferme o smentite, in merito a questioni di natura storico-popolare.

Ed è la poesia popolare  a rappresentare il primo dei vari oggetti di confronto all’interno del carteggio. Pitré, vicino agli studi di Salomone-Marino, per corroborare la sua tesi, aggiunge delle nuove testimonianze (nella forma di documenti storici) sulla contemporaneità nell’uso di certe espressioni linguistiche presenti in alcune canzoni popolari.  Al centro di questa polemica, che già affondava le sue radici in una vera e propria Querelle, (in cui personalità come D’Ancona, Vigo, Salomone-Marino, Nigra, lo stesso Pitré ed altri esponenti degli studi etnografici, avevano preso parte con posizioni opposte) due erano gli elementi centrali:
le varianti presenti nella poesia popolare e, in stretta relazione con esse, la contemporaneità di certi termini che legava i componimenti ai fatti di cronaca prima, di storia dopo.

La posizione di Pitré divergeva da quella di D’Ancona, pur non sembrando  distante da quella di Nigra (autore dei Canti popolare del Piemonte), il quale sosteneva l’esistenza di un’individualità nella creazione del testo primigenio, seguito, da una continua rielaborazione collettiva:

“Nel trasmettersi di bocca in bocca il proprio canto, il popolo lo rinnova e lo modifica costantemente nelle forme dialettali e nel contenuto… e queste continue modificazioni costituiscono in realtà una perpetua creazione della poesia popolare” (Le origini della poesia popolare di Giuseppe Cocchiara p. 26).

La ricerca del testo primigenio è considerato (da molti studiosi, compreso Pidal) una sorta di miraggio. Pitré, insieme a Salomone-Marino, crede invece fervidamente nella ricostruzione del testo originario (si pensi alla Baronessa di Carini e ai  tenaci e ripetuti tentativi di Salomone-Marino, anche se coi suoi contraddittori esiti). Ed è su questa querelle che i due intellettuali, in alcune lunghe lettere,  basano le loro riflessioni .

Ed è da questo carteggio che si consolida la convinzione dell’esigenza di un approfondimento degli studi di personalità come Pitré,  anche da parte di chi non si occupi solo di antropologia. Un invito, quindi, a cancellare i pregiudizi degli storici nei confronti di questa personalità essenziale  per la storia siciliana e nazionale; un invito a cercare tra le carte di questo studioso eclettico che ha basato la propria vita sullo studio delle credenze e tradizioni popolari, senza mai fare a meno del confronto con la Storia e coi suoi epigoni, così come dal suddetto carteggio  si evince.

Sabina Corsaro