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Prekmurje dimenticato

Benvenuti nel dimenticatoio sloveno, il Prekmurje, dove i turisti ci capitano raramente e, nel caso, per sbaglio. Un’ampia pianura, quella pannonica, che ricorda le vicinanze magiare che da Murska Sobota, in un percorso circolare, infila piccole perle come Beltinci, Dobreovnik, Moravske Toplice e Martjanci. Ma trattandosi della regione più povera della Slovenia, agli occhi di molti è solo bigiotteria.

Per conoscerlo è bene seguire un itinerario. Il sentiero dello štrk, lungo 31 km e mediamente difficile per le bici, conduce dalle sponde del fiume Mura alla piana del Prekmurje (e viceversa).  La via della ceramica invece è un itinerario di 40 km circa percorribile in auto o bicicletta o, per i più volenterosi, anche a piedi. Al massimo dopo ci si potrà riposare in uno dei numerosi bagni termali, unico sollazzo di quest’area.

Si taglia la zona dei vigneti delle basse colline i Goričko e quella del Prekmurje, tradotto «l’oltremura», il dopo Murania. All’estremo nord-est del Paese, ad un passo da Austria ed Ungheria, in una terra dove è ancora l’agricoltura a far la differenza. Regione povera, di campi di mais e patate, di campi sterminati e fattorie, porci e ghiande, cicogne e filiazione, mulini galleggianti, anche se di questi ne è rimasto ormai uno solo a Verzej.

Per dirla tutta mentre stanno sparendo i mulini galleggianti, evidentemente un lascito romano, in aumento sono le cicogne bianche, simbolo dell’intera regione. Da qui infatti partono prima di raggiungere in tre anni l’Africa sub sahariana. Qui ritorneranno per partorire.

Nel Prekmurje nemmeno il clima è clemente con i suoi inverni rigidi e le estati calde. La cucina pesante e sostanziosa. Un popolare piatto unico della regione è un gulash di vari tipi di carne con spezie (siamo vicino all’Ungheria), peperoni, pomodori e patate. Il dolce tipico è un involucro di pasta pieno di semi di papavero, noci, frutta, formaggio asprigno e panna. Infine, un focolaio di dialetti rende quanto mai difficile la comunicazione, quasi più del temperamento dei suoi abitanti. Un meraviglioso isolamento, il suo: fino alla fine della Prima Guerra Mondiale nemmeno un ponte superava il  Fiume Mura, per questo sono sopravvissuti riti, credenze, tradizioni e folklore.

Una ragione volta al passato che sembra essere consumata da una cocente nostalgia. I musei del fabbro, del vasaio e dei büjrači, gli operai che hanno fatto le dighe sul fiume Mura, possono rappresentare la vita passata e presente della popolazione locale. Tutto, qui, rimane uguale a com’era.

Luca Colnaghi