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Questo benedetto assurdo bel paese

Il nostro meraviglioso paese, nel quale è racchiuso ben il sessanta per cento delle ricchezze artistiche di tutta l’umanità, è afflitto da enormi problemi. Berlusconi, la cui candidatura rappresenta già di per sé un’anomalia grave in un paese democratico, non ha certo contribuito a migliorare il quadro economico e culturale del nostro paese. Durante il suo governo egli ha provveduto soprattutto a risolvere i suoi problemi giudiziari e in secondo luogo ha cercato di preservare il benessere della parte più ricca della popolazione.

Ecco allora i condoni fiscali e la riduzione delle tasse, soltanto apparente per i ceti più deboli, un po’ più consistente per quelli più agiati. Ha inoltre tentato di far crescere Mediaset a scapito della Rai; negli anni del suo governo le tv del cavaliere hanno guadagnato moltissimo, soprattutto in termini relativi rispetto alla Rai, privata inoltre dell’opera di un grande giornalista quale era Enzo Biagi. Ha ostacolato in ogni modo qualsiasi genere di riforma sociale progressista, per esempio in direzione di un aumento dei diritti delle coppie di fatto o di un’apertura almeno dialettica sul problema eutanasia. Ha avallato senza battere ciglio una delle più sporche, fallimentari e controproducenti operazioni militari americane della storia recente, la guerra in Iraq.

La “sua discesa in campo” ha inaugurato una nuova politica: sempre più fondata sugli interessi particolari, personalistica, fatta di un’incessante propaganda negativa dell’avversario, condita da slogan populisti, costruita su paure infondate e anacronistiche orchestrate ad arte dai mass media. Dal punto di vista economico durante il suo mandato l’Italia è stata vittima di una vera e propria stagnazione, fatta di crescita zero per quasi tutto il periodo. Con il governo Prodi assistiamo ad uno spettacolo desolante: un esecutivo instabile, debole, ostaggio dei piccoli partiti, eternamente diviso sulle questioni cruciali. Così il Sud resta agonizzante; povertà ed indigenza rimangono diffuse; il sistema sanitario è deficitario; la giustizia è “lenta e diseguale per tutti”; la scuola è in uno stato pietoso.

A questi dati avvilenti dobbiamo aggiungere una generale e diffusa indifferenza della popolazione verso la sfera sociale e politica; Grillo fa proseliti ma la sua campagna, potenzialmente benefica in un paese atrofizzato e fermo come il nostro, è servita solo ad alimentare uno sterile qualunquismo. La società italiana si sta “americanizzando” velocemente; i giovani non coltivano interessi culturali, non sono solidali fra loro e anelano soltanto al successo economico. L’Italia è un paese vecchio, culturalmente fermo, privo di coscienza civica e memoria storica. E’ un paese di precari e di giovani senza speranze per il futuro; gli indici degli investimenti e degli stipendi, l’uso di internet e le spese per la ricerca sono a livelli bassissimi. Il lavoro fisso è una chimera, legato sempre più a meccanismi clientelari piuttosto che meritocratici. I politici italiani però sono i più retribuiti d’Europa ed hanno privilegi assurdi consentiti loro dai regolamenti di Camera e Senato, all’opposto gli stipendi dei lavoratori italiani sono fra i più bassi del vecchio continente.

Anche i nostri tradizionali punti di forza si stanno trasformando in debolezze: la globalizzazione sta mettendo in ginocchio le nostre piccole e medie imprese, una volta floridi motori della nostra economia. La situazione è amara. Il primo passo è rendersene conto, il secondo è capire che soltanto migliorando individualmente noi stessi possiamo sperare di migliorare anche il nostro paese. Come insegna Gandhi, “dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere“.

 

Pierfrancesco Celentano