Reato di clandestinità: Bocciato anche dalla Corte di Giustizia Europea
Anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea interviene sul decreto sicurezza 2009 fortemente voluto dalla Lega Nord, che aveva introdotto il reato di clandestinità, punito con la reclusione da uno a quattro anni e, per il quale è previsto l’arresto obbligatorio e il giudizio direttissimo. La Corte di Giustizia Europea era stata chiamata a verificare se la normativa nazionale italiana che prevede la pena della reclusione per i cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare, in caso di inottemperanza all’ordine di lasciare il territorio fosse compatibile con la direttiva 2008/115/CE . La vicenda ha tratto origine da un procedimento penale a carico di un cittadino straniero condannato dal Tribunale di Trento alla pena di un anno di reclusione per il reato di permanenza irregolare sul territorio italiano senza giustificato motivo, in violazione di un ordine di allontanamento emesso nei suoi confronti dal questore di Udine. Dopo il ricorso presentato dal cittadino straniero, la Corte di appello di Trento ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di chiarire se la normativa italiana fosse in contrasto con quella europea sui rimpatri. L’organismo giudiziario europeo, con la sentenza della prima sezione in data 28 aprile 2011 sulla base del fatto che l’applicazione della reclusione rischia di compromettere la realizzazione dell’obbiettivo della direttiva 2008/115/CE, ossia l’instaurazione di una efficace politica di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi la cui permanenza sul territorio dei paesi dell’U.E. sia irregolare, ha stabilito che la reclusione degli immigrati irregolari prevista dal ‘pacchetto sicurezza è in contrasto con la direttiva citata statuendo il seguente principio di diritto: “ La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo”. Sulla materia era intervenuta anche la nostra Corte Costituzionale, con la sentenza n. 359 del 13 dicembre 2010, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 5-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dall’art. 1, comma 22, lettera m), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui non dispone che l’inottemperanza all’ordine di allontanamento, secondo quanto già previsto per la condotta di cui al precedente comma 5-ter, sia punita nel solo caso che abbia luogo «senza giustificato motivo”. Fin qui l’aspetto giuridico e, certamente la sentenza della corte di giustizia va rispettata. Tuttavia resta irrisolto il problema dell’afflusso massiccio di poveri disperati che l’Italia da sola non può sopportare e del quale l’unione europea sembra non voler farsi carico. Se c’ è una corte di giustizia europea, deve esserci anche una politica europea sull’immigrazione clandestina.
Avv. Angelo RUBERTO